St. Udire

30.04.2022

das heilige, heilende, heile Lauschen

 

 

Der Treccani spricht:

udire (audire; odire). – 1. Compare in tutte le opere, compresi il Fiore e il Detto, con un indice di frequenza abbastanza elevato (234 presenze complessive); le forme più attestate sono l’infinito, il passato remoto e il presente indicativo. Nella coniugazione sono da notare: imperf. ind. I singol. udiva e udia, pass. rem. I singol. udìo, udi‘ (Parodi, Lingua 255) e audivi (If XXVI 78), III singol. udìo e udìe (Parodi, Lingua 244), imperf. cong. I singol. udesse, III singol. audesse (Vn XXXI 15 59); imper. II singol. audi (Cv IV XXIV 14); part. pass. odito (Rime dubbie XIX 1). ‛ Audire ‚ e derivati non devono essere necessariamente considerati come latinismi, perché sono attestati anche nella tradizione ‛ siciliana ‚ (Giacomo da Lentini) e toscana (B. Latini); cfr. in proposito Barbi, Vita Nuova, p. CCLXXXVI; Petrocchi, a If XXVI 78 e Introduzione 434. Tali forme si presentano ancora, oltre ai casi già riportati, in Vn VII 3 4, 7, VIII 6 9, 7, XII 11 11, XIX 22, XXII 4, XL 10 9, Rime XLVIII 7 e LX 8.

2. Con un riferimento diretto alla funzione sensoriale preposta alla percezione dei suoni, u. ricorre in Cv III II 12 la potenza vegetativa, per la quale si vive, è fondamento sopra ‚l quale si sente, cioè vede, ode, gusta, odora e tocca. L’infinito sostantivato è inoltre usato di frequente per indicare la stessa funzione, i suoi organi o l’atto di esercitarla: Pd XXVII 6 Ciò ch’io vedeva mi sembiava un riso / de l’universo; per che mia ebbrezza / intrava per l’udire e per lo viso; Pg XVI 36 se veder fummo non lascia,/ l’udir ci terrà giunti in quella vece; e così in Rime XLVIII 8 (sostantivato), Cv II VI 1, Pg VIII 8, XIV 136, Pd XXI 61.

L’uso assoluto del verbo si presta a indicare “ un ascoltatore “ mediante una proposizione relativa: Cv III X 9 molte volte credendosi [a] alcuno dar loda, si dà biasimo, o per difetto de lo dicitore o per difetto di quello che ode; Pd XVII 139 l’animo di quel ch’ode, non posa / né ferma fede per essempro ch’aia / la sua radice incognita e ascosa. In quest’ultimo esempio è però documentata un’accezione particolare del verbo; le parole di Cacciaguida, pur enunciando una verità di carattere generale, implicano un riferimento diretto alle finalità d’insegnamento morale prevalenti nel poema, sicché, più che a generici “ ascoltatori „, accennano ai “ lettori “ della Commedia; del resto, anche in Ep XIII 46 e 49 ricorre ‛ auditor ‚ in relazione alla precettistica retorica ciceroniana, ma con implicita allusione ai lettori del poema.

Sempre usato assolutamente può quindi valere sia “ percepire con l’udito “ quanto altri dice, sia “ ascoltare „, “ prestare attenzione “ a chi parla: Pg XXVI 100 e sanza udire e dir pensoso andai (“ sanza udire: tace Guido; sanza dir: tace Dante „, Mattalia); Pd III 31 Però parla con esse e odi e credi; e così in Rime LXX 9 (sostantivato), Cv IV II 16, Pg XXXI 68, Pd XXXI 42, Fiore CIV 4. In If V 15 dicono e odono e poi son giù volte, è stata spesso notata la contraddizione fra odono e la descrizione che del modo tenuto da Minosse nell’indicare la pena si dà al v. 6; più interessa notare il valore pregnante del verbo (“ ascoltano la sentenza „). Pari pregnanza si ha in VII 94 [la Fortuna] s’è beata e ciò non ode, “ pur udendole, non bada “ alle lamentele degli uomini. Quanto all’alternanza, nei codici antichi, tra u. e ‛ savere ‚, cfr. la nota del Petrocchi a Pd V 111.

Con le stesse accezioni il verbo ricorre anche al passivo: Vn XII 2 misimi ne la mia camera, là ov’io potea lamentarmi sanza esser udito; Pg XIII 31. A parere della Vecchia, quando una donna riceve l’amante, deve fargli credere ch’ella dotta troppo esser udita (Fiore CLXXX 4): sembra logico congetturare un uso diverso da quello proprio e interpretare “ teme di divenir oggetto della maldicenza altrui „.

Ha senso proprio negl’incisi com’hai udito (Pg XXVI 80) e per quel ch‘ i‘ odo (XXVI 107). Ma quando D., rivolgendosi a Farinata, osserva: El par che voi veggiate, se ben odo, / dinanzi quel che ‚l tempo seco adduce (If X 97), bisognerà interpretare “ se intendo bene „, “ se ho ben compreso la profezia fattami „.

3. Il valore fondamentale del verbo risulta più chiaro quando è usato come transitivo e sono indicati i suoni o i rumori percepiti dal soggetto: Cv II XIII 24 sì è l’anima intera, quando l’ode [la musica], e la virtù di tutti quasi corre a lo spirito sensibile che riceve lo suono; If XVI 1 s’udia ‚l rimbombo / de l’acqua che cadea; II 106 Non odi tu la pieta del suo pianto…? (“ come dire: sei insensibile a, non ti tocca, non ti muove a pietà il suo affanno? „, Mattalia); IV 79 Intanto voce fu per me udita: / “ Onorate l’altissimo poeta… „; Pg VIII 5 lo novo peregrin… ode squilla di lontano / che paia il giorno pianger che si more; XXIX 152 un tuon s’udì. Altri esempi in Rime LXXXIV 6, Cv II VI 3, If III 32, VIII 112, XXV 96, XXX 148, Pg IX 143, XIII 41, XVII 79, XX 140, XXIII 13; Fiore XXVI 1, CLXX 14, Detto 419. In particolare, con riferimento alle battute di un colloquio: Pg VIII 61 E come fu la mia risposta udita; XIII 97 Questo mi parve per risposta udire; Fiore CLXXII 1 E quando tu udirai la sua domanda; CCXXVIII 1.

A proposito di componimenti poetici che, per il fatto di essere musicati, oltre che letti, potrebbero “ essere ascoltati „: Rime LXXX 2 Voi che savete ragionar d’Amore, / udite la ballata mia pietosa (ma si potrebbe interpretare anche “ prestate attenzione alla… „); e così in Vn XX 1 (prima occorrenza).

Con una certa frequenza, specie nella Vita Nuova, u. è collegato con il sostantivo ‛ parole ‚, dando vita a congiunture sintattiche assai varie, che talora incidono anche sul valore del verbo. Così, accanto a moduli come quello attestato in Pg VII 20 S’io son d’udir le tue parole degno (altro esempio in Fiore CLXXVI 10), si hanno costrutti sintattici complessi: Vn XVIII 5 mi parea udire le loro parole uscire mischiate di sospiri (“ ascoltare le parole che uscivano loro di bocca accompagnate e interrotte dai sospiri „, Casini); e si vedano inoltre XXII 3 (seconda occorrenza), XXIII 7 (due volte). L’omissione dell’articolo fa assumere al sintagma un’accezione particolare: XXII 7 passando queste donne, udio parole di lei e di me in questo modo che detto è, “ sentii che queste donne parlavano di Beatrice e di me nel modo che è stato riferito „; e così in XXII 3 (prima occorrenza), V 1 (dove le parole che ‛ si udivano ‚ de la regina de la gloria sono le laudi e le preci innalzate alla Vergine in una chiesa). E si noti l’uso di dicer con valore passivo, in Rime CXVI 41 Quando son presso, parmi udir parole / dicer “ Vie via vedrai morir costui! „.

Talora il complemento oggetto retto da u. è espresso da un sostantivo che, semanticamente, non indica suono o rumore; in questi casi il verbo vale “ sentir ricordare „, “ sentir proporre „, “ sentir enunciare “ e simili, a seconda del contesto: Cv IV XXIX 6 la statua sempre afferma la buona oppinione in quelli che hanno la buona fama [“ che hanno sentito parlare della… „] di colui cui è la statua; If XXII 107 Cagnazzo… disse: “ Odi malizia / ch’elli ha pensata…! „; v. 118 O tu che leggi, udirai nuovo ludo (“ sentirai narrare “ una gara singolare); e così in Pg XVI 33 maraviglia udirai, XXIV 57 [il] dolce stil novo ch’i‘ odo, v. 128 udendo colpe de la gola (“ udendo ricordare “ esempi di gola puniti), XXVII 41 udendo il nome di Beatrice, “ sentendolo ricordare “ da Virgilio; Pd XXIII 52 io udi‘ questa profferta; Detto 441 nul mal conto / di tua bocca non s’oda.

In molti esempi quanto è percepito dal soggetto viene espresso mediante un infinito, una proposizione infinitiva o un’oggettiva: Rime LXXIII 1 Chi udisse tossir la mal fatata / moglie di Bicci; If V 70 Poscia ch‘ io ebbi ‚l mio dottore udito / nomar le donne antiche e‘ cavalieri; e così in Vn XXXII 6 9, Pg XXVI 97, Pd XIV 34, Fiore CIV 12, CCIV 2.

A qualche incertezza dà luogo la struttura sintattica di If XIII 114 [il cacciatore] ode le bestie, e le frasche stormire; bisogna supporre che ode regga, alquanto irregolarmente, due complementi oggetti di natura diversa: un sostantivo e una proposizione infinitiva; ma si potrebbe anche pensare a una specie di endiadi (“ ode stormire le frasche mosse dalle bestie „); cfr. Petrocchi, ad l.; Sapegno, Chimenz.

I verbi più frequentemente retti da u. sono ‛ dire ‚ e ‛ parlare ‚; poiché i passi nei quali compaiono questi sintagmi si prestano anche ad altre osservazioni, qui di seguito sono date solo alcune fra le occorrenze possibili, essendo le altre citate nel corso della voce.

‛ U. dire ‚ per lo più serve a introdurre un discorso diretto: If XXXII 19 dicere udi’mi: “ Guarda come passi… „; e così in XXVII 19, Rime CXVII 7. In altri usi: Rime LX 8 audendo dire e dir di suo valore, “ sentendo parlare “ delle sue virtù; Fiore CXCVII 13 ch’i‘ udisse dire, usato come inciso, “ per quanto ho sentito dire „.

A soluzioni più varie, anche semanticamente, dà origine il rapporto logico fra u. e ‛ parlare ‚. Gli esempi più ovvi sono quelli offerti in Vn XXII 5 Chi dee mai essere lieta di noi, che avemo udita parlare questa donna così pietosamente?; XXII 15 11, If XXVI 78 in questa forma lui parlare audivi; Fiore XI 1, LXXIII 10, LXXXI 1. Talora i due atti sono indicati in proposizioni coordinate: Cv IV II 8 lo tempo è da provedere, sì per colui che parla come per colui che dee udire; If XIV 62 il duca mio parlò di forza / tanto, ch’i‘ non l’avea sì forte udito; e così in Pd XV 70 (qui udio vale “ intese „, “ comprese „), XXVI 96. Il riferimento a un colloquio è marcato in If V 94-95 Di quel che udire e che parlar vi piace, / noi udiremo e parleremo a voi; XVI 93 ‚l suon de l’acqua n’era sì vicino, / che per parlar saremmo a pena uditi (da interpretare o “ ci saremmo uditi l’un l’altro “ [Mattalia] o “ saremmo stati uditi “ [Sapegno]); benché l’allusione a un dialogo sia molto tenue, vada qui anche Cv III VII 12 il suo parlare… genera ne la mente di chi l’ode uno pensiero d’amore. Invece il sintagma ‛ u. parlare di uno ‚ allude a notizie conosciute per sentito dire sul conto di lui: Vn XL 2 Questi peregrini mi paiono di lontana parte, e non credo che anche udissero parlare di questa donna, e non ne sanno neente; e così in Cv IV XXVIII 6 (seconda occorrenza), Pd V 72.

Non sono pochi i passi del Purgatorio dove D. “ si abbandona ad obliose cadenze musicali “ (Momigliano) suggerite dalle voci degli angeli e dalle preghiere dei penitenti; in questi episodi il verbo u. serve da trama a unire il tessuto melodico dei canti: ‛ Te Deum laudamus ‚ mi parea / udire in voce mista al dolce suono (IX 141); Ed ecco piangere e cantar s’udìe / ‛ Labïa mëa, Domine ‚ (Pg XXIII 10); e si vedano ancora XIII 50, XIX 43, XX 19, XXXI 98, XXXII 9, Pd XXV 98.

Nel Paradiso il distacco dalle contingenze terrene è ancor più vivamente avvertito e, quanto più D. sale di cielo in cielo e tanto più i beati gli appaiono come mere luci, prive di qualsiasi traccia di corporeità, ed è dal seno della fiamma che li avvolge che prorompe la loro voce; il poeta la ode, e ne ferma l’improvviso risonare in incisivi moduli posti in apertura di verso: Poi dentro a lei udi‘: “ Se tu vedessi / com’io la carità che tra noi arde… “ (Pd XXII 31); Allora udi‘: “ Dirittamente senti, / se beni intendi perché la ripuose / tra le sustanze… “ (XXIV 67); e così ai vv. 79 e 97 e in XXVI 46, XXVII 19.

Il Mattalia (a If IV 79) ha osservato che l’uso di u. in stretta correlazione con ‛ vedere ‚ risale a uno schema espressivo largamente attestato nell’Apocalisse (cfr. Apoc. 10,1 e 4 “ Et vidi alium angelum… et audivi vocem de caelo… „). Certo è che la coesistenza dei due vocaboli è modulo stilistico comune a tutte le opere di D., come risulta dagli esempi seguenti, che sono solo alcuni fra quelli citabili: Vn XXIV 10 dice come… io vidi e udio certe cose; Rime dubbie XIX 1 Visto aggio scritto e odito cantare / d’Amor; Cv IV XXV 5 lo stupore è uno stordimento d’animo per grandi e maravigliose cose vedere o udire o per alcuno modo sentire; If I 115 e trarrotti di qui per loco etterno; / ove udirai le disperate strida, / vedrai li antichi spiriti dolenti; Pg I 69 de l’alto scende virtù che m’aiuta / conducerlo a vederti e a udirti; Pd XIX 10 io vidi e anche udi‘ parlar lo rostro; Fiore VI 3 ’n poca d’or sì forte isvanoio / ched i‘ nol vidi poi né no ll’udio; e così in Vn XXIV 11 e XXVI 2, Cv III VII 9, If XXII 97, XXIX 27, Pg IV 7, XXV 122, Pd XV 37, XX 19.

Il modulo espressivo è anzi così presente alla fantasia di D. che le due azioni del vedere e dell’u. sono di frequente accostate l’una all’altra anche quando sono compiute da persone diverse; se ne dà qualche esempio: Pg XIV 71 così vid’io l’altr’anima, che volta / stava a udir, turbarsi e farsi trista, e XXVIII 147; Pd V 104 vid‘ io ben più di mille splendori / trarsi ver‘ noi, e in ciascun s’udie: / “ Ecco chi crescerà li nostri amori „; altro esempio al v. 113.

Il commento secondo il senso letterale al v. 2 della prima canzone del Convivio (Voi che ’ntendendo il terzo ciel movete, / udite il ragionar ch‘ è nel mio core, ripreso in VI 1 e 2) offre a D. l’occasione per precisare così il suo pensiero: non dico udite perch’elli odano alcuno suono, ch’elli non hanno senso, ma dico udite, cioè con quello udire ch’elli hanno, ch‘ è intendere per intelletto (VI 1). Il passo è importante anche perché pone il problema della differenza semantica intercorrente fra u. e ‛ intendere ‚, spesso usati in correlazione fra loro per indicare la percezione in modo indistinto del suono di un discorso, il primo, e la piena comprensione, oltre che del suono delle parole, anche del loro significato logico, il secondo. Esempi di questa correlazione si hanno in If XXIV 74 dismontiam lo muro; / ché, com‘ i‘ odo quinci e non intendo, / così giù veggio e neente affiguro; Pd XIV 126, Fiore XLV 3, CXXXII 12; si vedano anche Rime CXVI 13 e If XXXIII 21, dove per altro u. ha il significato di “ venire a sapere „.

4. Usato con un significato più limitato, u. vale “ venire a sapere „, “ apprendere “ perché altri ce lo riferisce, “ conoscere “ per sentito dire, “ sentir raccontare „.

Le prime fra queste accezioni sono più evidenti allorquando il verbo è seguito da un complemento oggetto: If XXVII 65 però che già mai di questo fondo / non tornò vivo alcun, s’i‘ odo il vero, / sanza tema d’infamia ti rispondo; Pg II 71 a messagger che porta ulivo / tragge la gente per udir novelle; e così in Vn XXII 8, XL 10 9; Rime LXX 8; CV IV XXVII 16; If VI 99, Pg XXVIII 83, Pd VII 55, XVI 43, XXIX 11; Fiore XX 1; Detto 430.

In un caso il verbo, con l’accezione di “ apprendere „, è usato assolutamente: If XI 33 A Dio, a sé, al prossimo si pòne / far forza… / come udirai con aperta ragione. Qui va inoltre considerato Pd XVII 2 venne a Climenè, per accertarsi / di ciò ch’avëa incontro a sé udito, dove il sintagma si riferisce a quanto di ostile nei suoi confronti Fetonte aveva sentito dire: e così in If X 127. Ha accezione diversa in Pg XXVIII 87 “ L’acqua „, diss’io, “ e ‚l suon de la foresta / impugnan dentro a me novella fede / di cosa ch’io udi‘ contraria a questa… „; D. infatti vuol fare osservare a Matelda che la presenza di un fiume e del vento nel Paradiso terrestre contrastano con quanto poco prima egli “ aveva appreso “ da Stazio, e cioè che nel Purgatorio non avvengono perturbazioni atmosferiche.

Vale “ venire a sapere “ anche quando è seguito da una proposizione oggettiva: Vn XII 6 Beatrice udio da certe persone… che la donna la quale io ti nominai… ricevea da te alcuna noia; Rime CXIV 5 i‘ ho di voi più volte udito / che pigliar vi lasciate a ogni uncino; Pd IV 97 potesti da Piccarda udire / che l’affezion del vel Costanza tenne; Cv IV XXVII 2, Fiore X 1, CXXXIV 1.

Quando è seguito da un complemento di argomento ha l’accezione di “ sentir parlare „: Vn XXII 4 se non fosse ch’io attendea audire anche di lei… io mi sarei nascoso incontanente; Cv IV XXIX 6 lo ma[l]estr[u]o figlio… l’oppinione di coloro che hanno udito bene de li suoi maggiori, fa più debile; If II 66 temo… / ch’io mi sia tardi al soccorso levata, / per quel ch’i‘ ho di lui nel cielo udito (“ ho sentito dire „); Pg XXXII 65 assonnaro / li occhi [di Argo]… udendo di Siringa (“ sentendo narrare “ la storia di Siringa); e così in Cv III Amor che ne la mente 8 e 10, IV Le dolci rime 133 e 135.

Seguito da un’interrogazione indiretta compare solo in poesia con l’accezione di “ apprendere „: Vn VIII 4 2 Piangete, amanti, poi che piange Amore, / udendo qual cagion lui fa plorare (ripreso, con costruzione diversa, al § 7); Pd XXVI 109 Tu vuogli udir quant’è che Dio mi puose / ne l’eccelso giardino; altri esempi in Rime CVI 123, Pg X 107, XXXI 47, Pd XVI 76, XXVIII 55.

In senso più generico vale “ sentir dire „, “ sentir raccontare „: Cv I IV 4 però che alcuna oppinione fanno ne l’altrui fama per udita… quasi menzogna reputano ciò che prima udito hanno; II XII 3, III I 11, IV XV 6, If XX 97 t’assenno che, se tu mai odi / originar la mia terra altrimenti, / la verità nulla menzogna frodi; XXXI 4, Pd XI 67.

Quando regge un complemento oggetto indicante persona può valere “ sentire qualcuno mentre parla „, intendendo il significato delle parole o rendendosi conto dell’intonazione della pronuncia: If XXVIII 12 fiorentino / mi sembri veramente quand’io t’odo; Pg XIV 55 Né lascerò di dir perch’altri m’oda; Fiore LXVII 10 Po‘ dica, ch’ella l’oda, come saggio, / che per lei farà far gran processione. E così in If XXVI 49, XXVIII 52, XXIX 99, Pg IV 14, XVI 22, Fiore XXXVI 1.

Altre volte il verbo allude in modo più chiaro all’attenzione che il soggetto porta a chi parla, e diventa perciò sinonimo di “ ascoltare „: Vn XXXI 15 59 Pianger di doglia… / mi strugge ‚l core… / sì che ne ’ncrescerebbe a chi m’audesse; If XXI 74 Innanzi che l’uncin vostro mi pigli, / traggasi avante l’un di voi che m’oda; Pg XVI 145 Così tornò, e più non volle udirmi. Altri esempi in Vn VII 3 4, e 7, XII 11 11, Rime XLVIII 8, CVI 118, CXVI 2, Cv I IV 6, II II 7, IV XXIX 1, Pg XXXI 45.

Quest’accezione è più evidente quando il verbo è usato all’imperativo, in espressioni alle quali, oltre alla sostenutezza del tono, dà spesso rilievo la posizione in apertura o in chiusura di periodo: Vn VIII 6 9 Audite quanto Amor le fece orranza (ripreso al § 7); Cv IV XXVII 15 Udite, ostinati, che dice Tullio contro a voi; Rime dubbie XXX 12, If XXIV 142 apri li orecchi al mio annunzio, e odi; e così in Cv IV V 2, XXIV 14, XXVIII 6 (prima occorrenza), Pg XIII 113, Fiore LIV 13.

Come osserva Belacqua, soltanto una preghiera che sgorga da un cuore in grazia di Dio ’n ciel… è udita (Pg IV 135); è questo l’unico caso in cui u. assume il significato di “ dare ascolto a una richiesta „, “ esaudirla „.

Per calco dal latino audire aliquem, di frequente u. assume nella lingua del tempo il significato di “ ascoltare le lezioni di qualcuno „, “ esserne discepolo “ (cfr. Sacchetti Trecentonovelle XL “ io scrittore, essendo con certi scolari che udiano da messer Agnolo da Perugia, dissi che… „). Quest’uso è ignoto al lessico dantesco, ma assai vicino a esso è il passo di If XXIII 142-143 E ‚l frate: “ Io udì‘ già dire a Bologna / del diavol vizi assai, tra ‚ quali udi‘ / ch’elli è bugiardo e padre di menzogna „: “ probabilmente nel senso latino di: udire a scuola, intendendosi nelle scuole di teologia della dottissima Bologna “ (Mattalia). Altri passi possono essere pienamente intesi se si attribuiscono al verbo accezioni che, in qualche modo, si collegano a quel valore. Così, in If II 114 fidandomi del tuo parlare onesto, / ch’onora te e quei ch’udito l’hanno, il Porena spiega “ compreso bene „, il Chimenz “ ne han fatto profitto „, il Sapegno “ inteso, facendone tesoro „. Come osserva il Chimenz, in Pd X 126 l’anima santa che ‚l mondo fallace / fa manifesto a chi di lei ben ode, “ non è chiaro se fa manifesto debba riferirsi alla vita di Boezio, che… è essa stessa una lezione della fallacia dei beni mondani; ovvero alla sua opera, che del sentimento di quella fallacia è tutta piena „; in ogni caso, a chi di lei ben ode va interpretato “ chi ne medita l’insegnamento „. Il riferimento all’insegnamento è anche più immediato in Fiore CLXIV 7 ma guardati… / di ritener la lezion c’hai udita, / e saviamente la ripeterai. Persino in Vn XIX 22 io temo d’avere a troppi comunicato lo… intendimento [della canzone Donne ch’avete] pur per queste divisioni che fatte sono, s’elli avvenisse che molti le potessero audire, sembra necessario attribuire ad audire il significato di “ apprenderle „.

5. L’infinito preceduto dalla preposizione ‛ a ‚ compare con un valore limitativo analogo a quello del supino latino passivo quando il sintagma è retto da un aggettivo che indica come una cosa è giudicata o appare a qualcuno: Vn XIII 4 lo nome d’Amore è… dolce a udire; XVII 2 la nuova matera è dilettevole a udire; e così in II 9, XXIII 16 amorosa cosa da udire; Cv I II 17; Pg XIII 145.

Il participio passato ha sempre funzione verbale, anche quando non è unito all’ausiliare, sia in costruzione assoluta (Pg XXVIII 116 Non parrebbe… meraviglia, / udito questo, quando alcuna pianta / sanza seme palese vi s’appiglia), sia con valore di proposizione relativa (Vn XX 1 avendo forse per l’udite parole speranza di me).

 

 

__________ udire,

und das im Herzraum quellewurzeln.. ist also sehr wohl etwas Besonderes.

 

vom „u“ zum „i“m also der Tiefe ins Ich, schön.

 

 

 

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_____wenn man Geh, fühle! einfach nicht lügt,

wenn man Gefühle einfach von sich nicht zu lügen verlangt,

 

wenn man Gefühle einfach von anderen nicht zu lügen fordert,

 

was werden sie dann?

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