..eigentlich: gefällt mir daran gar nichts.. es geht um Geld, ehrliches.. und ich werde nun einmal losgehen, und diese beiden Wörter suchen….. — Entwurf

01.06.2021

 

 

 

Bis Ende 2021 wird die bisherige Debitkarte

considerare

[con-si-de-rà-re] v. (consìdero ecc.)

  • v.tr. [sogg-v-arg]

1 Analizzare, valutare qlco. SIN esaminare, vagliare: c. i pro e i contro; bisogna c. la situazione; anche con arg. espresso da frase (introd. da che): considera che la macchina è nuova || tutto considerato, tenuto in debito conto ogni aspetto

2 Prendere o tenere in considerazione qlcu., apprezzarlo; prestargli attenzione, spec. in frasi negative: nessuno lo considera!

3 dir. Prevedere, contemplare una certa cosa: la legge non considera questo caso

  • [sogg-v-arg+compl.pred] Reputare, ritenere qlcu. o qlco. in un certo modo: ti ho sempre considerato quasi un fratello; il compl. predicativo può essere espresso anche da un avverbio: sua madre lo considera molto, poco; in espressioni quali c. giusto, opportuno, necessario e sim., è seguito da arg. espresso da frase (all’inf. o introd. da che): ho considerato giusto agire in questo modo; considero sconveniente che tu rimanga qui
  • considerarsi
  • v.rifl. [sogg-v-compl.pred] Con valore copul., giudicare, reputare se stessi in un certo modo: puoi considerarti fortunato; si considera il migliore; il compl. predicativo può essere espresso anche da un nome retto da prep.: c. in gamba, in perfetta salute
  • sec. XIII

(BankCard) laufend durch die neue, mit noch mehr Funktionen ausgestattete Debit Mastercard getauscht.

Diese neue Debitkarte (BankCard)

débito¹

Vocabolario on line  T R E C C A N I

débito1 agg. [dal lat. debĭtus, part. pass. di debere «dovere»]. – Dovuto, perché imposto da una legge morale, da obblighi assunti, da un diritto altrui, o perché richiesto dalle circostanze e da motivi di opportunità: infliggere, ricevere la d. punizione; rivolgere le d. cure; trattare con il d. rispetto; agire con le d. cautele, nelle d. forme; in tempo d., entro i limiti di tempo stabiliti; a tempo d., opportuno. In diritto, tempo d., o d. corso, clausola dei contratti di compravendita con la quale si stabilisce che, nel caso di cessione del contratto, i cessionarî dovranno inoltrare ai successivi acquirenti gli avvisi ricevuti a termine del contratto per lettera raccomandata o telegramma, senza ingiustificati ritardi. ◆ Avv. debitaménte, nel modo dovuto, secondo il dovere: E s’e’ furon dinanzi al cristianesmo, Non adorar debitamente a Dio (Dante); un modulo debitamente compilato.

ermöglicht Ihnen Internetkäufe zu tätigen und kann überall dort, wo Mastercard akzeptiert wird, verwendet werden (Mastercard Identity Check). Darüber hinaus bietet die neue Debitkarte (BankCard) eine Vielzahl an Akzeptanzstellen sowie zusätzlich zu unserem bewährten CashBack-Programm attraktive Angebote in Zusammenhang mit Mastercard Priceless Cities.
Was Sie tun müssen, um die neue Karte zu erhalten? Gar nichts. Sie kommt automatisch per Post zu Ihnen. Ihre Limiteinstellungen sowie Ihr PIN bleiben gleich.
Wichtig: Um Funktionen wie NFC-Zahlungen, Apple Pay oder das Mastercard Identity Check-Verfahren aktivieren zu können, müssen Sie vorweg einen Zahlungs- oder Behebungsvorgang mit Ihrer neuen Debitkarte (BankCard) durchgeführt haben (= Stecken der Karte + PIN-Eingabe).

Das sind die Vorteile Ihrer neuen Debitkarte

débito²

Vocabolario on line della T R E C C A N I

débito2 s. m. [dal lat. debĭtus, neutro sostantivato del part. pass. di debere «dovere»; propr. «ciò che è dovuto»]. – 1. Il dovere, spec. in quanto imposto da una legge morale: è d. dei genitori educare i figli; è d. dei cittadini rispettare le leggi; assolvere il proprio d. verso la patria, verso la società; per d. di coscienza. Con senso più generico, essere, sentirsi in d. verso qualcuno, essere o sentirsi impegnati verso di lui: non mi sento in d. di aiutarti, di risponderti, ecc.; d. coniugale, gli obblighi reciproci che i due coniugi si assumono con il matrimonio. 2. a.Obbligo del debitore di adempiere una determinata prestazione a vantaggio del creditore, consistente di solito nel dare o restituire qualcosa, soprattutto denaro (anche la prestazione stessa, considerata dal punto di vista del soggetto tenuto ad adempiere). Locuzioni: fare, contrarre un d.; addossarsi, accollarsi un d.; pagare, estinguere, sciogliere un d.; rimettere il d. (spesso al plur., fare debiti, riempirsi di debiti, essere pieno di debiti, avere un mucchio di debiti, affogare nei d., essere nei d. fino agli occhi, fino ai capelli); essere, rimanere in d. verso qualcuno; il d. ammonta ad alcune migliaia di euro; prendere, comprare, vendere a debito (più com. a credito); fig.: essere in d. di una lettera, di una risposta, ecc. In partic.: d. d’onore, il debito di gioco, così detto perché l’adempimento dell’obbligazione è rimesso all’onore dell’obbligato, contro il quale il creditore non ha azione; d. ereditarî, quelli che gravano sull’asse ereditario e dei quali l’erede, che abbia accettato l’eredità, risponde illimitatamente; debito di valore, debito di valuta, quello che ha per oggetto una prestazione da effettuarsi, rispettivamente, con moneta considerata nel suo valore intrinseco e non secondo il suo valore nominale, e con moneta avente corso legale nello stato, al tempo del pagamento. Nella contabilità nazionale, d. pubblico, l’insieme dei debiti accumulati dallo stato nel corso di diversi esercizî finanziarî, comprendente il d. fluttuante (o d. di amministrazione), costituito dall’insieme dei debiti contratti per far fronte a disavanzi di cassa che si sperano momentanei, e il d. consolidato (o d. iscritto), contratto per far fronte a necessità che superano le ordinarie possibilità di bilancio, e quindi a lunga scadenza, suddiviso a sua volta in d. redimibile e d. irredimibile (v. i due agg.); Gran libro del d. pubblico, l’insieme dei registri in cui l’amministrazione del debito pubblico, presso il ministero dell’Economia e delle Finanze, iscrive i debiti consolidati dallo stato, irredimibili e redimibili. Inoltre: debito di guerra, somma di denaro che lo stato sconfitto deve versare a quello vincitore a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali causati dalla guerra; d. vitalizio, l’impegno dello stato per pensioni vitalizie ordinarie e di guerra; d. mondiale (o anche, semplicem., debito), il debito contratto spec. dai paesi in via di sviluppo nei confronti di quelli più ricchi: chiedere la riduzione, l’azzeramento del d. dei paesi africani. b. Nel linguaggio della nuova riforma scolastica, il deficit di competenza (noto anche, più esattamente, come d. formativo) che lo studente deve colmare, in una o più materie di studio, per poter proseguire regolarmente il corso di studî: recuperare i d. in matematica e fisica. 3. In fisiologia, d. d’ossigeno, espressione con la quale (per calco dell’ingl. oxygen debt) si indica la quantità di ossigeno di cui l’organismo ha bisogno alla fine di un intenso lavoro muscolare (anaerobico), determinata dall’insufficiente apporto di ossigeno respiratorio rispetto al fabbisogno, e che dev’essere reintegrata con il riposo o con l’attenuazione dello sforzo.  Dim. debitùccio (venivo a saldar quel debituccio che sapete, Manzoni); raro debitùcolo; accr., non com., debitóne; pegg. debitàccio.

(BankCard)

DEM will ich einmal wirklich auf den Grund gehen, denn Texte, die WEIT MEHR HINAUSDRÜCKEN, wer sie liest, als hereinholen oder einladen.. DIE HAT MAN JA PRAKTISCH NUR mehr.. Wort als Ort wird NICHT mehr gepflegt, es gibt nur mehr VERLASSE GEH WEG LIES OHNE FÜHLEN RATTERKLAPPERDURCH UND FOIIIIG! Wiederspruch so sinnlos wie in einer Messe Textkritik. NIEDERWALZWORTSTAHL… digital. Also.. mal sehen, vielleicht, gehe ich da als Strahler schön durch… ich habe da Qualitäten!! ___-vielleicht finde ich ja Kostbarkeiten.
  • Ihre Kartennummer ist 16-stellig und auf der Vorderseite der Debitkarte (BankCard) ersichtlich.
  • Ihren IBAN finden Sie auf der Rückseite der Karte.
  • Bargeldbehebungen und unbare Zahlungen sind auf allen mit dem Mastercard-Logo gekennzeichneten Geräten und Kassen möglich.
  • Weltweite e-Commerce-Nutzung überall dort, wo Mastercard akzeptiert wird2)
  • Die Laufzeit Ihrer Debitkarte (BankCard) beträgt 5 Jahre.
  • Neu ist das Debit-Hologramm als zusätzliches Sicherheitsmerkmal der Debitkarte.
  • Abbildung Ihrer Verfügernummer für das Internetbanking und MobileBanking.
  • Auf der Debitkarte für Sehschwache sind Ihre persönlichen Daten in extra großer Schrift gedruckt.

consolidazióne

T R E C C A N I _______ Vocabolario on line

consolidazióne s. f. [dal lat. tardo consolidatioonis]. – 1. Con sign. generico, meno com. di consolidamento. 2. In diritto, una delle cause di estinzione dell’usufrutto, che opera quando si riuniscono nella stessa persona le qualità di proprietario e di usufruttuario (per es., quando l’usufruttuario viene ad acquistare la proprietà della cosa usufruita, o il proprietario riacquista l’usufrutto per cessione dell’usufruttuario). 3. In finanza, operazione formale con cui un debito pubblico a breve scadenza (in genere buoni del tesoro a 7 e 9 anni, ma anche debiti redimibili) viene convertito in un debito a lunga o indeterminata scadenza e iscritto nel Gran libro del debito pubblico; da tale iscrizione deriva, in via definitiva, l’impegno dei futuri bilanci dello stato a contenere tra le spese correnti la somma relativa al servizio del debito stesso. 4. In petrografia, c. magmatica, processo in base al quale una massa magmatica passa dallo stato più o meno fluido a quello solido in seguito al progressivo raffreddamento, dando luogo alla formazione delle rocce eruttive. C. dei sedimenti (più propriam. lapidificazione o litificazione), processo, che si inquadra in quello della diagenesi, in base al quale i depositi sciolti e incoerenti assumono coerenza e aspetto lapideo, per effetto, ad es., della pressione di carico o per cementazione con minerali depositati da soluzioni circolanti.

BankCard Erklärungen zum Aussehen

Zudem erhalten Sie mit Ihrer 🌵Debit🌵karte (‚Ank✒️C🖌🌶r⎱d🥚 ) auch exklusiveerfreuliche Vorteile/Begünstigungen, die wir Ihnen, als unseren geschätzten Kunden offerieren zu dürfen, uns freuen, in den aturschutzgebieten Österreichs.
Noch kein*) Bank Austria Kunde?

*) kein, ajiajiai! DAS bringen schon unsere Schriftsteller der Klassik und der Romantik – lang her! – bei, daß man keine Negativtermini need einiihaut, wenn man wirbt…. das ist wie ICH LIEBE DICH, trotzdem ich deine Nasen ja wirklich unaushaltbar findd.

Funktionen neu einrichten

Aus Sicherheitsgründen müssen folgende Funktionen von Ihnen neu eingerichtet werden: 

valóre 

Vocabolario on line __ T R E C C A N I

valóre s. m. [dal lat. tardo (in glosse) valor -oris, der. di valere: v. valere]. – 1. Riferito a persona indica: a. Possesso di alte doti intellettuali e morali, o alto grado di capacità professionale: un uomo, una donna di v., di gran v. (precisando: nella scienza, nell’arte, nella politica, ecc.); medico, avvocato, pittore, musicista, geografo, uomo politico di v., di alto v.; gente di molto valore Conobbi che ’n quel limbo 32eran sospesi (Dante); enfatico, con senso concr., persona di grandi capacità: è un v., un vero valore! Nella lingua letter. ant., come sinon. di virtù, equivale talvolta a nobiltà d’animo: In sul paese ch’Adice e Po riga, Solea valore e cortesia trovarsi (Dante); o indica particolari meriti: La gentil donna che per suo valore Fu posta da l’altissimo signore Nel ciel de l’umiltate, ov’è Maria (Dante); o particolari capacità: O buono Appollo, a l’ultimo lavoro Fammi del tuo valor sì fatto vaso … (Dante: qui è la virtù poetica). Nella Divina Commedia, la parola indica inoltre l’onnipotenza di Dio, la somma delle sue virtù: Laudato sia ’l tuo nome e ’l tuo valore Da ogne creatura (Purg. XI, 4) o Dio stesso, detto l’etterno valore (Purg. XV, 72; Par. I, 107 e XXIX, 143), lo primo e ineffabile Valore (Par. X, 3). Sempre come sinon. di virtù è riferito da Dante anche all’influenza esercitata dalle stelle: Noi sem levati al settimo splendore [al cielo di Saturno], Che sotto ’l petto del Leone ardente Raggia mo misto giù del suo v. (Par. XXI, 15). b. Coraggio, ardimento dimostrati nell’affrontare i nemici in combattimento e nel sostenere fermamente le dure prove che la guerra comporta, anche con pericolo della propria vita: lottare, combattere, resistere, difendersi con v., con grande v.; le mirabili prove di v. dei nostri soldati; dare prova di eroico v., d’indomito v.; ricompense, decorazioni al v. militare (medaglia d’oro, d’argento, di bronzo e croce al v. militare), e, analogam., al v. di marina, per decorare persone segnalatesi per atti di coraggio e di filantropia in mare, e al v. civile, per il coraggio, l’ardimento, lo sprezzo del pericolo dimostrati in qualità di semplice cittadino, non in guerra, esponendosi a grave pericolo per salvare o portare aiuto ad altri cittadini. c. ant. Forza, capacità fisica e psichica: E così smorto, d’onne [=ogni] valor voto,Vegno a vedervi, credendo guerire (Dante); lei, dolce cadente Sopra di te, col tuo valor sostieni, E al pranzo l’accompagna (Parini); di più far lamento Valor non mi restò (Leopardi); anche, forza di qualche singola facoltà, come la vista: io ti fiammeggio nel caldo d’amore …, Sì che del viso tuo[= della tua vista, dei tuoi occhi] vinco il v. (Dante). 2. a. Nell’economia politica classica, con riferimento a un bene, si distingue tra il v. d’uso, cioè la capacità del bene di soddisfare un bisogno, e il v. di scambio, la proprietà del bene di acquistare altri beni, cioè il suo «prezzo relativo»; teoria del v., quella che spiega il valore di scambio (o prezzo relativo) dei beni; teoria del v.-lavoro, quella enunciata dagli economisti classici e successivamente sviluppata da K. Marx, per il quale il valore di una merce è la somma del valore dei mezzi di produzione impiegati (capitale costante), del valore della forza lavoro (capitale variabile) e del plusvalorecreato nel processo produttivo (v. anche neovalore). Nelle teorie economiche successive, e in partic. nell’economia marginalista, il valore di scambio dei beni viene invece spiegato dal loro stesso valore d’uso (utilità). Nel linguaggio economico contemporaneo il termine valore perde rilevanza presentando spesso sinonimia con le espressioni v. di scambio (cioè v. commerciale, v. di mercato, v. venale), e quindi con ragione di scambio o con prezzo, salvo a mantenere talvolta il primitivo sign. di «valore d’uso» o «di stima»; permane tuttavia con sign. particolare nella locuz. v. aggiunto che, con riferimento a una singola impresa, rappresenta la differenza tra il valore della sua produzione di beni e servizî e il valore dei beni e servizî intermedî provenienti da altre imprese e consumati dalla stessa impresa in un periodo dato: tale differenza può essere calcolata al costo dei fattori o ai prezzi di mercato; nel primo caso il valore aggiunto è calcolato sottraendo i consumi di beni e servizî intermedî dalla produzione valutata ai prezzi sostenuti dal produttore (integrata dagli eventuali contributi correnti versati dall’amministrazione pubblica), mentre nel secondo caso al valore aggiunto al costo dei fattori si aggiungono le imposte indirette e si detraggono i contributi alla produzione e all’esportazione. Nell’uso comune, il duplice sign. del termine è riscontrabile in moltissime espressioni: oggetto di grande v., di scarso v., privo di v.; un regalo, una pelliccia, un lampadario di v.; gioiello, quadro di inestimabile v., di incalcolabile v.; aumentare, crescere, scemare di v. (e anche dare, togliere, crescere v. a una cosa); indica più propr. il prezzo o l’equivalente in denaro, in espressioni come acquistare una partita di libri per il v. complessivo di ventimila euro; v. dichiarato, nei pacchi postali; campione senza v., merce spedita in pacco postale di modeste dimensioni, come campione, e quindi con tariffa ridotta. Per il v. nominale di titoli di credito (in contrapp. al loro v. di mercato), di monete (in contrapp. al v. intrinseco o reale) e di capitali sociali, v. nominale, n. 3 a. In matematica finanziaria, v. attuale di un capitale C disponibile tra n anni, il capitale che, impiegato oggi a un certo tasso, produce tra n anni un montante uguale a C; v. attuale di una rendita, il capitale che produce un rendimento uguale alla rendita. In diritto civile, debito di v., quello che ha per oggetto una prestazione o un bene considerati a prescindere dal loro valore monetario e che si trasforma in debito di valuta (cioè monetizzato) solo nel momento della sua effettiva liquidazione, restando fino a tale momento valutariamente indeterminato in quanto variabile a seconda delle oscillazioni del valore di mercato delle prestazioni o del bene oggetto del debito; in funzione di agg. invar., nella locuz. clausola valore, clausola contrattuale che prevede il debito di valore. b. In diritto tributario, imposta sull’incremento di valore degli immobili (INVIM), imposta ad aliquote progressive, soppressa nel 2001, che colpiva come ingiustificato arricchimento, all’atto del trasferimento di proprietà (alienazione o successione), e al compimento di ogni decennio per le società e gli enti, l’aumento di valore verificatosi per circostanze estranee al proprietario; imposta sul valore aggiunto, v. IVA, che è la sigla correntemente usata anche a livello tecnico. c. Oggetti di valore, o semplicem. valori, al plur., denominazione generica di gioielli e altri oggetti preziosi: la direzione dell’albergo non risponde dei valori non depositati in cassaforte. Nel linguaggio di borsa, valori, tutto ciò che può essere oggetto di negoziazione nelle borse (dette appunto borse valori), e cioè divise estere, azioni, obbligazioni, cartelle fondiarie, titoli di stato. I varî titoli emessi da enti privati e pubblici quotati nelle borse sono detti v. mobiliari, in contrapp. alle proprietà fondiarie. Carte valori, nome sotto il quale rientrano la carta moneta a corso legale e fiduciario emessa dallo stato (biglietti di stato), i titoli di credito dell’istituto di emissione e delle banche autorizzate alla loro emissione (vaglia cambiarî, assegni circolari, ecc.); rientrano tra le carte valori anche i v. bollati), cioè marche da bollo, francobolli, carte bollate e fissati bollati. 3. estens. a. Il pregio che un’opera, spec. d’arte o dell’ingegno, ha indipendentemente dal prezzo che può valere in base a considerazioni varie, sia materiali e concrete (materia di cui l’opera è fatta), sia storiche, tecniche, estetiche, ecc. (antichità, importanza storica o documentaria, rarità, perfezione di fattura e di esecuzione, ecc.), ora oggettive (capacità di soddisfare determinate esigenze), ora soggettive (stima attribuita all’opera da singoli o da gruppi di persone, desiderio di possederla): quadro, statua, ceramica, poema, sinfonia, cimelio di grande v., e precisando: di grande v. estetico, artistico, documentario. b. Importanza che una cosa, materiale o astratta, ha, sia oggettivamente in sé stessa, sia soggettivamente nel giudizio dei singoli: i giovani non possono comprendere interamente il v. della vita; non sai quale v. abbiano per me questi ricordi, queste fotografie; è una scoperta che ha un v. immenso; capisci il v. che avrebbe questa notizia se fosse vera? c. In alcuni casi, come sinon. di validità o efficacia: se il documento non è timbrato non ha nessun v.; se lui si ostina a negare, le tue dichiarazioni non hanno più v. giuridico; soltanto la ricevuta ha v. di prova; disposizioni che hanno v. di legge. d. Com., con alcuni dei sign. che precedono o anche con quelli economici, la locuz. mettere in valore (dal fr. mettre en valeur), valorizzare, cioè rendere fruttifero un bene, un capitale, o rendere utile una cosa, o anche, in senso più astratto, far giustamente apprezzare (è un riconoscimento che mette in v. i suoi meriti). 4. Usi e sign. scient. e tecnici: a. In filosofia il termine non ha un sign. unico e universalmente accolto: è stato inteso come principio o idea di validità universale (i supremi v. dello spirito), o come principio, soprattutto di vita morale, dipendente da una valutazione soggettiva e pratica (tavola dei v.; rovesciamento dei v. o capovolgimento di tutti i v., espressioni di origine nietzschiana); giudizio di valore, in contrapp. al giudizio di realtà (riferito a ciò che avviene o a ciò che è accaduto), quello espresso su ciò che deve essere. In partic., filosofia dei v., corrente della prima metà del ’900 che, reagendo alla negazione materialistica e nietzschiana, riafferma, indipendentemente dalla metafisica, la validità dei principî etici, politici, religiosi, estetici, ecc. Dal punto di vista dei comportamenti sociali, si tende a considerare come valore ogni condizione o stato che l’individuo o più spesso una collettività reputa desiderabile, attribuendogli in genere significato e importanza particolari e assumendolo a criterio di valutazione di azioni e comportamenti: i v. della giustizia, della lealtà, del bene, ecc.; si parla quindi, più genericam., di diversi sistemi di valori (le cui componenti possono essere differenti se non inconciliabili), elaborati e sostenuti da gruppi sociali e culturali nel corso della storia; così, in antropologia culturale e in sociologia, sono detti valori gli elementi costitutivi della struttura sociale sui quali si manifesta l’adesione collettiva di ogni comunità; crisi dei v., l’indebolirsi e il venir meno della fiducia nei modelli etici e comportamentali tradizionali, condizione evocata spesso come criterio interpretativo del disorientamento ideale delle giovani generazioni nella società occidentale contemporanea. b. In genetica, v. adattativo, locuz. che traduce l’ingl. fitness (v.). In biologia, v. biologico delle proteine, espressione con cui viene indicata la qualità nutritiva delle proteine alimentari. c. In aritmetica, v. di una espressione, il numero che si ottiene eseguendo le operazioni indicate nell’espressione. Più in generale, nelle scienze matematiche e fisiche, la determinazione quantitativa assunta da una variabile o da una funzione, ovvero la misuradi una grandezza (con segno, ove la grandezza sia suscettibile di valori positivi e negativi) rispetto a una data unità: la formula è valida per qualunque v. delle variabili; risolvendo l’equazione si determina il v. dell’incognita; a differenti altezze la pressione barometrica assume v. diversi; ecc. In partic., v. di soglia, il minimo valore che deve avere un agente per produrre un determinato effetto. In matematica, v. assoluto, il valore che si attribuisce a un numero relativo n prescindendo dal suo segno positivo o negativo, di norma indicato col simbolo |n|. In logica matematica, v. di verità, la qualifica di vero (V) o falso (F) che si applica a una proposizione o a una formula. In statistica, v. modale, v. normale o v. di massima frequenza, sinonimi di moda; v. mediano o v. centrale, sinonimi di mediana; v. medio (correntemente valor medio), sinon. di media nelle varie accezioni; v. medio aspettato, lo stesso che media della distribuzione di probabilità (v. media, n. 1 c). Per il v. nominale di una grandezza, in elettrotecnica, v. nominale (n. 3 b). d. In musica, durata relativa delle note e delle pause corrispondenti. Nella notazione moderna, ogni figura di nota (breve, semibreve, minima, semiminima, croma, semicroma, biscroma, semibiscroma), o la pausa corrispondente, ha un valore doppio della figura o della pausa immediatamente minore. Il valore di una figura, o della pausa corrispondente, può essere accresciuto della sua metà con l’aggiunta di un punto; se vi sono due o tre punti, ciascuno determina un accrescimento di valore della metà del valore del punto precedente; legatura di valore, quella che, posta tra due o più note della stessa altezza, produce una nota di durata unica equivalente alla somma delle durate delle singole note legate. 5. Nelle espressioni con valore di …, avere valore di …, esprime in genere equivalenza tra due fatti, rispetto a singole qualità, o rispetto agli effetti, all’importanza, alla funzione: participio con v. di aggettivo; il suo silenzio ha il v. di una rinuncia; per me, le sue parole hanno (o acquistano) il v. di una promessa. 6. Riferito a parole, espressioni, segni, simboli, equivale a «significato»: specificare il v. di un vocabolo, di una locuzione, di un segno; non ho ben capito il v. della sua risposta; ma con riguardo a parole, può indicare anche il tono e il carattere stilistico: in questa frase, l’aggettivo acquista un v. particolare. 7. Nella terminologia della critica d’arte, si chiamano genericamente valori gli elementi del linguaggio figurativo, i caratteri costitutivi dello stile. Il termine, per acquistare un significato specifico, deve essere accompagnato da un agg.: v. decorativi, illustrativi, di movimento, ecc.; così, per es., si dice che Giotto ha realizzato nella sua pittura v. spaziali (v. spazialità); che nella pittura di Simone Martini o nella scultura di Agostino di Duccio predominano v. linearistici (v. linearismo), mentre nella pittura veneziana del Cinquecento predominano i v. tonali (v. tonale); che lo stile del Tintoretto, di Caravaggio, di Rembrandt si fonda su v. luministici (v. luminismo). In partic., si parla di v. plastici non soltanto in scultura o in architettura, ma anche in una pittura in quanto ottenga effetti di rilievo, e analogam. di v. pittorici in una scultura o in un’architettura in quanto affidino la loro validità artistica a effetti che sono peculiari della pittura, come l’effetto cromatico risultante dal rapporto della luce con l’ombra, e della superficie con l’atmosfera.

valuta

Vocabolario on line ___ T R E C C A N I

valuta s. f. [der. di valere, part. pass. ant. valuto]. – 1. ant. a. Valore economico di un oggetto ragguagliato in denaro, e in partic. di monete e titoli: un gioiello di grande v.; una moneta d’oro della v. di 200 euro; e con sign. affine, v. di una cambiale, la somma da pagarsi scritta sulla cambiale; v. intesa, somma pattuita da pagarsi mediante cambiale (fig., essere di v. intesa con uno, avere qualche accordo segreto con lui). b. Valore della moneta; con questo sign. si usa ancora, nel linguaggio econ., nell’espressione sistema della v. indice, lo stesso che regime del modulo tabulare (v. tabulare1, n. 5). 2. Termine generico per indicare le monete in circolazione e i titoli fiduciarî che le rappresentano; si usa per lo più con qualche attributo e specificazione: v. nazionale, i titoli fiduciarî espressi nella moneta in circolazione nello stato; pagare in v. cartacea, in v. aurea o d’oro, ecc.; pagamento a (o in) pronta v., in contanti; in usi fam. e scherz., salute e valute!, come augurio a chi starnuta, o in altri casi. Nel linguaggio giur., debito di valuta, in contrapp. al debito di valore, quello che ha per oggetto una somma di denaro e viene soddisfatto mediante il pagamento secondo il valore nominale della moneta, senza tenere conto delle variazioni del suo potere d’acquisto rispetto al momento in cui è sorto il debito (per prevenire questo inconveniente le parti possono ricorrere a clausole contrattuali particolari, dette di salvaguardia monetaria). Nel linguaggio bancario, riferito a biglietti e monete di altri stati (sottintendendo l’agg. estera): v. libera, quando può essere liberamente usata per la regolarizzazione dei rapporti di credito e debito con l’estero; v. esportazione o importazione, quando esprime crediti o debiti verso l’estero derivanti da esportazioni o importazioni di merci; v. debole, quella dei paesi con un saldo passivo della bilancia dei pagamenti; v. forte, quella di paesi con un saldo attivo della bilancia dei pagamenti; valuta-dumping, espressione equivalente a dumping valutario (v. dumping). Nel commercio dei cambî si dice che i versamenti telegrafici negoziati fra banche si liquidano con v. compensata, quando il compratore è tenuto a pagare il prezzo nel giorno in cui la valuta acquistata sarà effettivamente a disposizione della persona designata sulla piazza estera. Nella pratica bancaria, giorno di valuta, o semplicem. valuta, il giorno a partire dal quale cominciano a decorrere gli interessi su un capitale (per es., nel caso di depositi, di prelevamenti, di rimesse in conto corrente, ecc.); perdita di v., la perdita d’interesse causata dalla retrodatazione o postdatazione del giorno di decorrenza degli interessi rispetto a quello in cui viene effettuata l’operazione bancaria; v. per l’incasso, v. incasso; franco valuta, locuz. usata per indicare che determinati titoli di credito o documenti devono essere consegnati senza nulla riscuotere o pagare. Per le v. verdi, v. verde, n. 1 c.

Eine junge Frau liegt auf der Couch vor dem Laptop und mit der Kreditkarte in der Hand

Unterschiede zur Kreditkarte

Die neue Debitkarte (BankCard)

MEINE MICH BESCHULDIGENDEN

beschuldende,

jede meiner Zahlungsgesten schiachwortabsahnend-vertrauenhinterschleichende…

hier hat sich irgendeétwas immer noch zu kurz nicht langlanggeändert, kann i da nuaa festelln… ANSTÄNDIG ist hier nichts… Das ist also nicht die Bank Österreich. Und wer glaubt, daß wir alle seine Schuldner sind, wird sich als frisch aufgepeppter Jesus Christus ja herausstellen

vergnügt,

Gott und ich

SCHULDENKARTEN… sind das DIE ERSÜNDERSTORIES-Tell äääh novelas noo amoi????

der Bank Austria bietet bereits zahlreiche Funkzionen. Bei Reisen im  In-und Ausland  können Sie mit einer Kreditkarte noch zusätzlich von folgenden Vorteilen3) profitieren: 

  • Zahlungsziel: Bis zu 5 Wochen nach Einsatz der Karte
  • Reisestornoversicherung
  • Umfassende Reiseversicherung
  • Kfz-Rückholkosten
  • Krankenbesuche im Ausland

 GeoControl 

Österreichische Banken verwenden generell sehr hohe Sicherheitsstandards für Debitkarten.

tèmpo

Vocabolario on line
  • Condividi

tèmpo s. m. [lat. tĕmpus -pŏris, voce d’incerta origine, che aveva solo il sign. cronologico, mentre quello atmosferico (cfr. al n. 8) era significato da tempestas -atis]. – 1. L’intuizione e la rappresentazione della modalità secondo la quale i singoli eventi si susseguono e sono in rapporto l’uno con l’altro (per cui essi avvengono prima, dopo, o durante altri eventi), vista volta a volta come fattore che trascina ineluttabilmente l’evoluzione delle cose (lo scorrere del t.) o come scansione ciclica e periodica dell’eternità, a seconda che vengano enfatizzate l’irreversibilità e caducità delle vicende umane, o l’eterna ricorrenza degli eventi astronomici; tale intuizione fondamentale è peraltro condizionata da fattori ambientali (i cicli biologici, il succedersi del giorno e della notte, il ciclo delle stagioni, ecc.) e psicologici (i varî stati della coscienza e della percezione, la memoria) e diversificata storicamente da cultura a cultura: l’idea, il concetto, la nozione del t.; il fluire, lo scorrere, il trascorrere del t.; il decorso del t. (anche come espressione giur., il tempo utile in relazione a determinati effetti: il decorso del t. per la prescrizione; essere rimesso in libertà per decorso del t., per avere raggiunto il limite di tempo massimo previsto per la detenzione preventiva); il t. corre, fugge, vola; come passa (o come passa presto) il t.!; il t. non passa mai, non mi passava mai il t. (assistendo a cosa noiosa, o stando in ozio, in attesa, ecc.); avere, perdere la nozione del t., essere o no consapevole del suo rapido trascorrere (e quindi dell’ora, del giorno in cui ci si trova); per andar di tempo, Per varïar d’affetti e di pensieri, Obbliarvi non so (Leopardi); il t. è denaro (o è moneta), traduz. del motto ingl. time is money (v.). Più espressamente, il fluire, il passare del tempo: nessuno può fermare il t.; col t., forse, dimenticherai; letter., in processo di t., in progresso di t., col passare o nel succedersi degli anni: come si vede che seguì in Roma in tanto processo di tempo (Machiavelli); spec. con riguardo agli effetti che il passare degli anni produce: e l’uomo e le sue tombe E l’estreme sembianze e le reliquie Della terra e del ciel traveste il t. (Foscolo); il t. risana ogni piaga, il t. è un gran medico, il t. è galantuomo (perché rende giustizia), frasi prov.; i danni, i guasti, le ingiurie, le offese del t., che l’età produce sulle cose (spec. sui monumenti, sulle opere d’arte) e sugli uomini; il colore, la patina del t. (v. patina); libri, tendaggi rosi o corrosi dal t.; dare t. al t. (o lasciare t. al t.), permettere che le cose si risolvano da sé, a poco a poco, pazientare e non pretendere di avere o di ottenere tutto subito. Spesso in contrapposizione all’eternità, in quanto si consideri il tempo come avente un principio e una fine: paragonare il t. all’eternità; Io, che al divino da l’umano, A l’etterno dal t. era venuto(Dante); quindi, senza tempo, eternamente: Facevano un tumulto, il qual s’aggira Sempre in quell’aura sanza t. tinta (Dante). In partic. nel pensiero filosofico e scientifico tale nozione ha costituito un problema costante e basilare della riflessione fin dalle trattazioni mitologiche (Crono come padre di tutte le cose): così nel pensiero antico il tempo, dapprima collegato al movimento del Sole e del cielo in generale, viene considerato, spec. dai pitagorici, sia un continuo divenire, per lo più ciclico (il ritmo del cambiamento cosmico), sia la misura della durata; per Parmenide, invece, non è che un’illusione e, per Zenone, un assurdo, come il movimento stesso, essendo l’Essere, considerato la vera essenza delle cose, immutabile; il concetto del tempo come gerarchicamente inferiore all’eternità ritorna in Platone per cui solo nel mondo materiale corruttibile hanno senso il passato e il futuro, mentre alla sostanza eterna compete un eterno presente immobile; il pensiero aristotelico riconcilia queste concezioni, da un lato assumendo il movimento perfetto dei cieli come riferimento per la misura del tempo, dall’altro ponendo il primo motore immobile fuori dal tempo e quindi eternamente presente. Con il pensiero cristiano, spec. in Agostino, abbandonata la concezione ciclica, si ha una decisa interiorizzazione del tempo e una sua riduzione a «estensione dell’anima», successione di stati di coscienza in quanto ricordo del passato («presente del passato»), aspettazione del futuro («presente del futuro»), ma anche il presente come passaggio, come tensione lineare e progressiva verso la perfezione e la liberazione, una volta dissolto il tempo nell’eternità spirituale (tale concezione del tempo come concreta esperienza interiore, come durata, verrà ripresa dal filosofo fr. H. Bergson verso la fine dell’Ottocento, in polemica con il tempo spazializzato – v. spazializzare – della fisica). Con la rivoluzione scientifica del ’600 (e, in partic., in Galileo) il tempo diviene parametro misurabile del movimento e, da Newton in poi, prende corpo la distinzione tra il t. assoluto, che forma, insieme allo spazio assoluto, lo scenario metafisico (definito come Sensorium Dei) di ogni evento naturale, e il t. relativo, riferito cioè a particolari sistemi di misurazione in determinati sistemi di riferimento. Con Kant, lo spazio e il tempo assoluti divengono le forme a priori di ogni esperienza possibile, e il carattere irreversibile della successione temporale degli eventi viene connesso alla relazione, anch’essa irreversibile, tra causa ed effetto.

Il concetto di tempo della fisica classica viene profondamente rivisto nella teoria della relatività einsteiniana, che non solo nega l’esistenza dell’etere, ossia dell’unico ente capace di costituire un sistema di riferimento assoluto sia per lo spazio sia per il tempo, ma asserisce anche il carattere relativo della simultaneità (due eventi che avvengono contemporaneamente in punti diversi di un sistema di riferimento non sono simultanei in un altro sistema di riferimento in moto rispetto al primo) e il fenomeno della dilatazione del t., per cui la durata di un qualsiasi processo fisico è minima nel sistema di riferimento in cui il corpo che subisce tale processo è in quiete (il tempo misurato in tale sistema è definito come t. proprio, o t. locale, o meglio, t. proprio del sistema di riferimento); non ha più senso quindi parlare di tempo assoluto, ma solo di tempo relativo e la misura del tempo risulta correlata alle coordinate spaziali, per cui si parla di coordinata temporale nello spazio-tempo a quattro dimensioni (v. la voce spaziotempo). L’altro aspetto intuitivo del concetto di tempo – il suo scorrere sempre in una direzione – è stato affrontato nella fisica moderna come problema della reversibilità del t., considerando il comportamento delle equazioni che esprimono l’evoluzione temporale di un determinato fenomeno sotto l’operazione di inversione del t., ossia del cambiamento di segno della variabile temporale; in partic., mentre le leggi della meccanica sono invarianti per inversione del t., i processi termodinamici reali non godono di questa proprietà, ossia sono fondamentalmente irreversibili, come espresso per altro dal fatto che l’entropia di un sistema isolato tende sempre ad aumentare (freccia del t.: v. entropia), donde il problema centrale della meccanica statistica di ricondurre l’irreversibilità dei fenomeni macroscopici alle leggi reversibili valide per i processi microscopici; in tempi moderni sono stati osservati fenomeni di non invarianza per inversione temporale anche alla scala microscopica delle interazioni delle particelle elementari (violazione dell’invarianza temporale: v. violazione), che non risulterebbero quindi completamente reversibili. 2. a. Successione di istanti, intesa sempre come una estensione illimitata, ma tuttavia capace di essere suddivisa, misurata, e distinta, in ogni sua frazione o momento; è in genere in questa accezione di grandezza misurabile che viene considerato il tempo in fisica: esso può essere assunto come coordinata per lo studio dell’evoluzione temporale dei fenomeni solo quando ne sia stata definita l’unità di misura, scelta riferendosi a fenomeni naturali periodici che siano al massimo grado riproducibili e invariabili: dal primitivo riferimento al moto apparente del Sole, poi precisato nel t. solare, che ha come unità di misura l’anno (di cui il secondo è un sottomultiplo), all’attuale, definizione del t. fisico, che assume il secondo come unità fondamentale del Sistema Internazionale (SI), legandolo alla frequenza di una particolare radiazione dell’atomo di cesio (per cui è detto anche t. atomico, e si indica ufficialmente come IAT, sigla dell’ingl. International Atomic Time, in Italia e in Francia anche TAI, sigla rispettivamente di Tempo Atomico Internazionale e Temps Atomique International; v. anche unità, n. 2 b). Il t. solare è definito in base all’anno solare o tropico, ossia all’intervallo di tempo che intercorre tra due successivi passaggi del Sole all’equinozio di primavera, e si distingue in t. solare vero, per il quale la lunghezza del giorno è quella scandita dal passaggio del sole al meridiano superiore del luogo di osservazione, variabile nel corso dell’anno, e t. solare medio, nel quale la lunghezza del giorno è assunta costante; è detta equazione del t. la differenza ad ogni istante tra l’ascensione retta del Sole medio e quella del Sole vero che corrisponde alla differenza tra il tempo solare vero e il tempo solare medio (il cui valore massimo è di circa 16 minuti); t. siderale è quello riferito a un astro o altro punto della sfera celeste anziché al Sole; tutti questi tempi sono detti t. locali, in quanto dipendono dalla longitudine del punto di osservazione; per uniformare il valore del tempo in una stessa regione si utilizza quindi il t. civile, ossia il tempo solare medio del meridiano centrale di ognuno dei 24 fusi orarî in cui si considera divisa la superficie terrestre; t. legale, quello, adottato in alcune nazioni, che differisce per ragioni pratiche dal tempo civile; per potersi riferire a una medesima determinazione di tempo, sia per fini pratici sia per fini scientifici, si conviene di assumere come t. universale(indicato con le sigle TU, dal fr. Temps Universel, o UT, dall’ingl. Universal Time) il tempo solare medio di Greenwich (GMT, sigla dell’ingl. Greenwich Mean Time), cioè il tempo civile del fuso orario centrato sul meridiano fondamentale; per ridurre le piccole irregolarità del tempo UT dovute a irregolarità della rotazione terrestre, divenute rapidamente insopportabili per le crescenti necessità di precisione delle scienze e della tecnica, furono introdotte altre scale di tempo: il tempo UT1, con cui si teneva contro delle piccole oscillazioni dell’asse terrestre (il precedente tempo UT fu allora indicato con la sigla UT0) e il tempo UT2, con cui si teneva conto anche della piccola influenza dei moti dell’atmosfera sul periodo della rotazione terrestre; migliore apparve l’introduzione del t. delle effemeridi(indicato come ET, dall’ingl. ephemeris time), scala del tempo universale nella quale il secondo è dato dalla frazione 1/31556925,9747 della lunghezza dell’anno tropico del 1900, costituendo dal 1954 al 1967 l’unità di misura del tempo assunta dal Comitato internazionale dei pesi e delle misure, prima di essere sostituito dal secondo atomico: poiché la vita civile è necessariamente ritmata sui cicli solari del giorno e dell’anno, si è posta l’esigenza di conservare la scala UT e di raccordarla a quella basata sul tempo atomico per mezzo di un sistema denominato t. universale coordinato (UTC) che è una scala di tempo atomico corretta ad epoche prefissate (generalmente alla fine di giugno e alla fine di dicembre) mediante integrazione di secondi, detti secondi intercalari, al fine di mantenere la differenza tra UT e UTC minore di un secondo: tale scala è stata adottata ovunque a partire dal 1° gennaio 1972 ed è quella che attualmente regola la vita civile. Con accezioni più specifiche: costante di t., per fenomeni caratterizzati dalla variazione esponenziale di una certa grandezza (carica elettrica durante la carica di un condensatore, temperatura misurata da un termometro, ecc.) rispetto al tempo, il tempo nel quale la grandezza varia di un fattore 1/e (dove e è il numero di Nepero), ossia di circa 2,718 volte, che quantifica univocamente la rapidità di variazione della grandezza; t. di rilassamento (v. rilassamento, n. 2 b), locuz. analoga a costante di t., utilizzata soprattutto nella fisica degli stati aggregati e nella teoria della elasticità; per t. di volo, v. volo, n. 1 e; t. di coerenza, in ottica, il periodo, necessariamente finito, nel quale un singolo treno d’onda emesso da una sorgente incoerente si può considerare monocromatico. b. Serie più o meno ampia di istanti, compresa entro limiti definiti o vaghi, corrispondente alla durata di qualche cosa: un anno, un mese, un giorno di t.; in espressioni generiche: periodo, spazio, intervallo di t.; per molto o per lungo t., per poco o per breve t.; per qualche t.; per un t. limitato, illimitato, indefinito; per lungo lasso di t.; letter., gran t., per molto tempo: ben veggio or sì come al popol tutto Favola fui gran tempo (Petrarca); dopo poco t., dopo molto t.; molto o poco t. prima; da molto t.; è da lungo t. che aspetto; è da tanto t. che te lo volevo dire (con l’avv. molto o tanto sottinteso: è da tempo che lo so); da t. immemorabile (v. anche ab immemorabili); in domande: quanto t. è vissuto?; quanto t. ti trattieni qui?; che cos’hai fatto in tutto questo tempo? c. Con riferimento all’età della vita: quanto t. ha il bambino?; è un vitellino che ha ancora poco t. (nell’uno e nell’altro caso, è adoperato tempotrattandosi di bambino e di animale giovane la cui età non si può ancora valutare in anni); è del mio t., ha pressappoco la mia età; il fanciullo … con una fanciulla del tempo suo, figliuola d’un sarto, si dimesticò (Boccaccio); era del mio t. e, da bambini, facevamo i giochi insieme (Panzini). Meno com., o ant., in altre frasi: avea più figliuoli, de’ quali tre n’erano femine e eran di tempo maggiori che gli altri che maschi erano (Boccaccio); non com., uomo, donna di t., attempati, anziani; di mezzo t., di mezza età. d. Sinon. generico di periodo (di tempo): durante il t. del noviziato; nel t. della sua permanenza all’estero. Con agg. possessivo: il mio t., il suo t., il nostro t., il tempo che è stato assegnato a me, a lui, a noi per essere in una determinata condizione; per es., parlando di servizio militare, di una pena da scontare, del periodo della gestazione: ha appena terminato il suo t.; fra un mese compirà il suo t.; ha già fatto metà del suo t.; con altro senso, ha finito il suo t., o più com. ha fatto il suo t. (espressione, quest’ultima, modellata sul fr. il a fait son temps), di persona che non gode più favore, che ha perso ormai autorità, oppure di cosa passata di moda, uscita d’uso, divenuta inservibile e ormai superata: un attore, un uomo politico che ha fatto il suo t.; è stato un motore (o un tipo di autovettura, un aereo) ottimo, ma ormai ha fatto il suo t. e non lo costruiscono più. e. Durata di un’operazione, di un’attività o di un processo; intervallo di tempo stabilito o previsto per il compimento di un’azione: t. di lavorazione, nell’organizzazione del lavoro, soprattutto industriale, l’intervallo di tempo ritenuto necessario, e ottimale, per l’esecuzione di una lavorazione e di ciascuna delle sue fasi (t. di preparazione, t. per le operazioni accessorie, ecc.); t. di coagulazione, t. di emorragia, t. di latenza, in medicina; t. di reazione, in psicologia sperimentale, l’intervallo di tempo necessario perché un soggetto risponda a uno stimolo. Con accezione specifica in informatica, operazioni in t. reale, ottenere un’informazione o una risposta in t. reale, e sim., v. reale2, n. 1 g (l’espressione si sente oggi spesso adoperata con uso estens., per significare «con grande rapidità»; con altro senso, invece, in cinematografia, si dice che una sequenza si svolge in t. reale se l’azione ha la stessa durata che avrebbe nella realtà); per tempo di accesso, sempre in informatica, v. accesso, n. 1 c. Nell’uso com.: t. di cottura di un cibo; t. di posa, in fotografia; tempi di marcia, stabiliti, per spostamenti di persone e mezzi, da una apposita tabella (tabella di marcia, v. tabella). Nel linguaggio sport., tempo, o t. regolamentare, la durata complessiva dello svolgimento di una partita, di una gara o competizione; in varî giochi con la palla, t. (di gioco), ciascuna delle fasi, di eguale durata e intervallate da alcuni minuti di riposo, in cui è suddivisa la partita: segnare una rete allo scadere del t., o del primo t.,del secondo t.; t. supplementare, negli sport a squadre, il supplemento di partita che viene giocato in determinate occasioni oltre il tempo regolamentare (per es., nelle eliminatorie di un torneo, in caso di pareggio); t. sospeso, il periodo di tempo per cui nella pallacanestro in particolari circostanze, viene interrotto il gioco e fermato il cronometro che segna il tempo; t. massimo, nelle corse, il limite massimo di tempo entro il quale i partecipanti devono raggiungere il traguardo per essere inclusi nella classifica: è stato eliminato perché è arrivato fuori t. massimo. In alcune espressioni è usato il plur. tempi (prob. per influsso di termini) con sign. sostanzialmente identico a quello del sing. («periodo, intervallo di tempo stabilito o previsto per determinati fatti e adempimenti»): t. lunghi e t. brevi, soprattutto come scadenza a lungo o breve termine (un progetto, un piano, un intervento da realizzare a t. lunghi o brevi; programmare a t. lunghi o brevi); allungare, accorciare i t., il periodo di tempo normalmente necessario o opportuno per un adempimento: cercare di allungare, o accorciare, i t. di un processo, di un’inchiesta; t. morti, i momenti di pausa o di attesa, e perciò infruttuosi, in un’attività produttiva (nella produzione di un film, sono detti t. morti quelli in cui non c’è azione significativa ai fini dello svolgimento della narrazione); in un processo tecnologico, in un dispositivo di misura, ecc., è detto t. morto il rapporto, espresso generalm. in percentuale, fra il tempo di attesa e il tempo totale di funzionamento; t. tecnici, il periodo di tempo minimo richiesto per il compimento delle varie operazioni che concorrono a una determinata produzione o al disbrigo di una pratica, che non può quindi essere abbreviato con un’intensificazione dell’attività umana (nel linguaggio corrente, è espressione cui spesso si ricorre per giustificare ritardi che, in realtà, potevano essere evitati). f. In senso ampio, in geologia, t. geologico, l’intervallo cronologico della storia della Terra entro il quale sono possibili datazioni, o di tipo relativo (sulla scorta di fossili, di avvenimenti geologici particolari) o di tipo assoluto (di solito in base a metodi isotopici). L’unità di t. geologico è di regola il milione di anni, ma per l’era quaternaria si può scendere anche al migliaio di anni. g. Con uso più generico, intervallo di una certa durata entro il quale un’attività viene espletata o qualche fatto si estende: ci metti tanto t. a vestirti?; come mai hai impiegato tanto t. a tornare?; quanto t. ci vuole per … (cucire un abito, riparare un motore, fabbricare uno strumento,costruire un palazzo, ecc.)?; il t. minimo che ci vuole per questo lavoro è di otto giorni; quanto t. dura lo spettacolo?; l’importanza del fattore t., per il compimento di un qualsiasi lavoro, ecc.; datemi il t. necessario per preparare i documenti; non m’ha dato neanche t. di riflettere; senza dargli t. di dire né sì né no; non c’è neppure il t. materiale per mangiare un boccone. Usato assol., indica spesso spazio di tempo non breve: ci vuole t. a farlo, ci mette t. a bollire, ecc.; anche con l’agg. possessivo: sono esercizî difficili, e richiedono il loro t. a impararli (più pop., e ci vuole il suo t. a impararli); lo stampato lo sapeva leggere, mettendoci il suo t. (Manzoni). Con valore pleonastico: partì subito, e nel t. di una settimana era già di ritorno; si misero a lavorare di lena, e in t. di tre giorni la casa era tutta rimessa a nuovo. h. Riferendosi a intervalli chiusi entro limiti assegnati: la consegna dev’essere fatta entro questi termini di t.; il debito deve essere saldato nel t. di un mese; è finito il t., è scaduto il termine assegnato; t. legale, quello fissato o consentito dalla legge. Per l’unità di t. nella tragedia classica, v. unità, n. 1 a. Indicando l’intervallo di tempo che manca a un termine fissato: quanto t. c’è (o manca) alla partenza del treno, al termine della lezione?; eh,c’è t., c’è ancora t.; non c’è più t.; affrettiamoci, non abbiamo molto t.!; il t. incalza, il t. stringe, si avvicina rapidamente il momento entro il quale una cosa dev’essere compiuta. Con implicita l’idea dell’indugio, della dilazione concessa: abbiamo ancora un giorno di t. prima di …; hai t. tre giorni per cambiare idea; datemi otto giorni di t. e vi consegnerò un lavoro perfetto; prese t. prima di rispondere (o a rispondere); ora pensa a guarire, per il lavoro c’è sempre t. (o sei sempre in t.); ma c’era t., non occorreva che si disturbasse a venire apposta!; pensavo che il t. davanti a me fosse sterminato, che tutto fosse ancora da venire, che c’era t., c’era sempre t. e ogni cosa doveva arrivare col t. e dunque potevo aspettare, potevo rimandare (Raffaele La Capria); senza perdere t.,senza por t. in mezzo, senza indugiare; sono i rimedi loro pericolosissimi, quando egli hanno a rimediare a una cosa che non aspetti t. (Machiavelli), che non ammette indugio; acquistare,guadagnare t., fare le cose con un certo anticipo o più rapidamente, perché rimanga poi più tempo libero; con altro senso, tu cerchi solo di guadagnar t., di tirare le cose in lungo nella speranza o nell’attesa che la cosa si risolva da sé, che arrivi l’aiuto desiderato. i. Parte della giornata assegnata a un determinato impiego: il t. dello studio, del lavoro, della ricreazione; aumentare, allungare, diminuire, abbreviare il t. del riposo; rubare il t. al sonno, accorciarlo per poter lavorare di più o per impiegarlo diversamente; parte della giornata (o anche di più lungo periodo) che si assegna o sia disponibile per qualche attività: far buon uso, cattivo uso del t.; saper distribuire, sfruttare il proprio t.; hai un po’ di t. libero?; hai un po’ di t. per me?; puoi dedicarmi un po’ del tuo t.?; bisogna trovare t. a tante cose; è una donna attivissima, e sa trovar t. a tutto; non ho mai un minuto, un briciolo di t. (s’intende libero, disponibile); e chi ce l’ha, e dove lo trovo, e chi me lo dà il t.? (per fare qualche cosa che viene richiesta o imposta); sono lavoretti da farsi nei ritagli di t., a t. avanzato, a t. perso, nei momenti liberi da lavori più impegnativi; sprecare, buttare via il t., facendo cose inutili o giocherellando; se tenti di convincermi, sprechi il tuo t.; hai proprio tanto t. da buttare?, a chi si perde in inezie; buttar via t. e quattrini, fare qualcosa di completamente inutile, senza effetto o senza pro alcuno; perder t., perdere il t., farlo passare senza concludere nulla: suvvia, mettiti a studiare e non perder t.; tu mi fai perder il t. con le tue chiacchiere; Ché perder t. a chi più sa più spiace (Dante); sta’ pur sicuro che non ho perso t., che ho agito con prontezza e in modo efficace; ha fatto una rapida carriera, non ha perso t., di chi ha saputo sfruttare ogni possibile situazione favorevole per trarne immediati vantaggi; a volerlo educare, è t. perso; per conto mio, è tutto t. perso!, modo fam. con cui si giudica opera inconcludente ciò che qualcuno fa o che si è in qualche modo obbligati a fare o che anche si fa di propria iniziativa ma senza convinzione; riguadagnare il t. perduto. Con riferimento a intervalli liberi, le locuz. fam. passare, ingannare, ammazzare il t.(chiacchierando, giocando o facendo altra cosa che impedisca di annoiarsi): sono andato al cinema tanto per ingannare il t.; si fanno due chiacchiere, così, per ammazzare il t.; com. il prov. chi ha t. non aspetti t., invito a operare subito, a non dilazionare, a cogliere l’occasione quando si presenta. Con particolare sign. le locuz. avere e più com. darsi bel t. o buon t., spassarsela allegramente e spensieratamente: si danno buon t. e non si preoccupano di nulla; cominciò di lui a avere il più bel t. del mondo (Boccaccio), a sollazzarsi con lui; v. anche buontempo, e cfr. buontempone. l. In sociologia, t. libero, la parte della giornata che resta libera dagli impegni di lavoro e disponibile per il lavoratore: il t. libero è diventato un complesso problema nelle società moderne; l’organizzazione sociale del t. libero, l’intervento degli enti locali per organizzare il t. libero (con attività artistiche e culturali, sportive e turistiche, con corsi varî, ecc.). Nell’organizzazione dell’insegnamento, scuola a t. pieno o integrata, scuola dell’obbligo o media superiore che viene frequentata dagli alunni per l’intera giornata o per gran parte di essa, e che ha la funzione di integrare l’insegnamento normale, con la guida degli stessi docenti (e in questo caso si è parlato anche di t. prolungato) e di altri appositi, di assistenti e di esperti, e di promuovere altre attività e interessi varî. Nel rapporto di lavoro dipendente, impiego a t. pieno (meno com. a pieno t.), o a t. parziale o definito o determinato (e assol.: fare il t. pieno, lavorare a t. definito, scegliere il t. determinato), a seconda che la prestazione d’opera venga svolta per l’intero orario giornaliero o settimanale di lavoro previsto per la categoria, o solo per una parte di esso, non inferiore normalmente alla metà (v. anche le equivalenti locuz. ingl. full time e part time, di cui quelle ital. sono il calco). 3. a. Intervallo di tempo più o meno prolungato, che per motivi o caratteri particolari si distingua con una fisionomia propria, senza collocarsi in un determinato momento presente, passato o futuro: in t. di pace, di guerra, di carestia, di fame; nessun maggior dolore Che ricordarsi del t. felice Ne la miseria(Dante); periodo o età della vita: e intanto vola Il caro t. giovanil (Leopardi); è passato quel t.,non è più quel t. in cui …, tornerà ancora quel tempo. b. Spazio dell’anno (o comunque ricorrente), di una certa durata (che può essere fissa o no), dotato di proprie caratteristiche: t. d’estate; in t. di vacanze, di carnevale; in t. di luna piena; nel t. dei bagni; nell’anno liturgico, t. quaresimale o di quaresima; t. pasquale; il t. d’avvento; t. ordinario (v. ordinario, alla fine del n. 1); con accezione partic., nella locuz. proprio del tempo (traduz. del lat. liturgico proprium de tempore), riferita a quelle preghiere o letture della messa o dell’ufficio che non rientrano nelle parti ordinarie e comuni ma sono legate alle ricorrenze cristologiche del Natale e della Pasqua (e della Pentecoste), escluse quindi le feste dei santi (v. proprio, n. 2 b). Anche, spazio dell’anno in cui si ripete periodicamente qualche fatto naturale o attività: il t. della mietitura, della vendemmia; al t. dell’uva, dei fichi, delle ciliegie (e anche: questo non è ancora il t. delle fragole; frutta maturata fuori tempo, ecc.); al t. dei colombacci, delle starne, e sim. Più raram. riferito a un momento o a una parte del giorno: Temp’era dal principio del mattino(Dante); Tempo era quando l’alba s’avicina, E divien fosca l’aria ove era bruna (Poliziano); (di)notte t. (più com. in grafia unita, nottetempo), nel corso della notte. c. Intervallo di tempo, anche di brevissima durata, nel quale qualche cosa va fatta o accade; quindi, momento stabilito, o proprio, adatto, opportuno: rinviare a t. indeterminato, contratto a t. indeterminato, di cui non è prefissato il termine; t. utile, per la presentazione di documenti, di una domanda, di un ricorso, ecc., e, in diritto, quello durante il quale possono essere compiuti alcuni atti giuridici; ogni cosa va fatta a t. debito, al momento adatto e dovuto (per la locuz. t. debito, nei contratti di compravendita, v. debito, n. 21); a suo t., al momento giusto: ogni cosa va fatta a suo t. (o, più brevemente, ogni cosa a suo t.); lo saprai a suo t., te lo dirò a suo t., quando sarà giunto il momento; prima del t., prima dei termini stabiliti o normali: sei venuto prima del t.; è nato prima del t. (e precisando: 15 giorni, due mesi prima del t.); è invecchiato prima del t.; letter., anzi t., innanzi t., con lo stesso senso: el vive, e lunga vita ancor aspetta Se ’nnanzi tempo grazia a sé nol chiama (Dante); del Pelide Achille L’ira funesta … molte anzi t. all’Orco Generose travolse alme d’eroi (V. Monti). È t. di …, è t. che … (seguito da un verbo), è il momento giusto o adatto per …: parve allora a Tedaldo t. di palesarsi (Boccaccio); È t. ormai che i tuoi valletti al dorso Con lieve man ti adattino le vesti (Parini); è t. di agire; sarà t. di metterci in cammino; non è ancora t. di parlare; ora è t. di far vedere quello che vali; è giunto il t. che anche lui renda i conti (o, con un sost. verbale, il t. della resa dei conti); spesso con riferimento a cosa che si ritiene avrebbe dovuto essere già fatta o che comunque si pensa di non doverritardare: è t. ormai che tu lo sappia; è t. di farla finita!; non ti pare che sia t. di metter giudizio?; anche in espressioni ellittiche: era t.!; sarebbe t., mi pare! Nel pugilato e nella scherma, il momento opportuno per lo svolgimento di un’azione: saper approfittare del t., uscire in t.,rientrare in tempo. Con uso generico, in tempo, meno com. a tempo, in tempo utile (contrapp. a tardi, troppo tardi): se n’è accorto, si è ritirato, si è pentito in t.; spec. con i verbi essere, arrivare,fare: se vuoi rescindere il contratto, sei ancora in t.; sono in t. a presentare la domanda?; a farlo,siamo sempre in t., non c’è fretta; arrivi proprio in t., a t. (anche nella forma del superl.: sei arrivato in tempissimo); farò in t. a prendere il treno?; facciamo in t. a prendere un caffè prima che cominci lo spettacolo?; feci appena in t. a scendere, che la vettura si rimise in moto. Per indicare più efficacemente l’opportunità, è frequente la locuz. t. e luogo (meno com. luogo e t.): ogni cosa va fatta a t. e luogo; Poi che la fiamma fu venuta quivi Dove parve al mio duca t. e loco, In questa forma lui parlare audivi (Dante); Come uom ch’a nocer luogo e t. aspetta (Petrarca); poi a luogo e a t. manifesteremo il fatto (Boccaccio). In qualche contesto, occasione favorevole, momento propizio: il t. viene sempre per chi lo sa aspettare; anticam. anche senza l’articolo: pensò di non palesare a alcuna persona chi fossero, se tempo di ciò non vedesse (Boccaccio); cogliere il t., e ant. coglier t., prendere t., cogliere il momento adatto, sfruttare l’occasione: Lo Navarrese ben suo t. colse; Fermò le piante a terra, e in un punto Saltò e dal proposto lor si sciolse (Dante); la duchessa,preso t., … con lagrime assai e con parole molte tutta la istoria narrò (Boccaccio); con altro sign., prendere t., indugiare, cercare di differire una scadenza, di ritardare una risposta o un’azione che non si vuole o non si può ancora fornire, ecc.: cercò in tutti i modi di prendere t. per eludere la promessa; è inutile provare a prendere t.; anche prendersi del tempo: il lavoro è lungo e impegnativo, mi prenderò del tempo. Per l’espressione di s. Paolo pienezza dei t., v. pienezza. 4.a. Periodo o momento della progressione temporale, concepita non nel suo movimento ma staticamente, per determinare cioè non il quanto, la durata, ma il quando (alcuni esempî di quest’uso si trovano però anche nel numero che precede): il t. presente, passato, futuro (anche nomi di forme grammaticali: v. oltre); nel t. attuale; gli uomini del t. antico (e spesso del buon t. antico); T. futuro m’è già nel cospetto, Cui non sarà quest’ora molto antica (Dante); ci fu un t. in cui, verrà un t. in cui … Con riferimento al passato: fu pressappoco in quel t. che ci conoscemmo; in quel t. io ero …, in quel t. ci trovavamo … (dove in quel t. equivale a allora); al plur., in quei t., a quei t., alludendo a tempo e ad avvenimenti lontani (invece tempo fa, t. addietro, indica un passato più prossimo); al t. della mia infanzia; al t. mio, ai miei t., ai t. nostri, espressioni con cui si è soliti richiamare, con un senso di nostalgia e spesso con esaltazione non sempre giustificata, tempi trascorsi (della propria giovinezza, della propria carriera, e sim.), soprattutto con riferimento a presunti valori allora particolarmente avvertiti: Quante lagrime, lasso, e quanti versi Ho già sparti al mio t. (Petrarca); al t. dei nostri padri; al t. d’i dolci sospiri, A che e come concedette amore Che conosceste i dubbiosi disiri? (Dante); ant., in quel mezzo t., in quel frattempo, intanto: con la cavriuola la quale in quel mezzo t. era tornata (Boccaccio). Con valore avv., un tempo, nel passato, in un’epoca più o meno remota: un t. si credeva …, un t. si faceva così …; Fu forse un t. dolce cosa amore (Petrarca); Quante immagini un t., e quante fole Creommi nel pensier l’aspetto vostro (Leopardi). Come inizio di narrazioni: vi fu un t. in cui …, e letter. t. già fu che …: T. già fu, che il pargoletto Amore Dato era in guardia al suo fratello Imene(Parini). Con riferimento al futuro: T. verrà ancor forse Ch’a l’usato soggiorno Torni la fera bella e mansüeta (Petrarca); rinviare a t. indeterminato (e col sign. di occasione, circostanza: rimandare ad altro t., a miglior t.); Ogni diletto e gioco Indugio in altro t. (Leopardi). In ogni t., sempre; d’ogni t., in qualsiasi momento o circostanza (le due espressioni differiscono in quanto la prima indica per lo più continuità nel tempo, valore che la seconda non ha necessariamente); in nessun t., mai. b. In linguistica e grammatica, tempo, il momento in cui si svolge o sussiste l’azione e la situazione espressa dal verbo: la categoria del t., categoria verbale realizzata nelle diverse lingue con mezzi e procedimenti formali diversi; t. semplici(per es., in ital., io vedo, essi verranno) e t. composti (con un altro verbo ausiliare: per es. io ho visto, essi sono venuti); t. assoluti, riferiti al momento in cui il soggetto parla o scrive (t. presente, passato, futuro), e t. relativi, riferiti al tempo di un altro verbo dello stesso periodo (t. futuro anteriore, piuccheperfetto). Complementi di tempo, i complementi che esprimono una nozione temporale: complemento di t. determinato, che risponde alla domanda «quando?» (per es.: «Sono arrivato giovedì scorso»); complemento di t. continuato, che risponde alla domanda «(per) quanto tempo?» (per es.: «Il viaggio è durato tre giorni»); altri complementi esprimono rapporti temporali diversi, come l’anteriorità (otto giorni prima), la posteriorità (sei mesi dopo), l’intervallo di tempo (di qui a qualche anno). c. Con più preciso riferimento a epoche storiche: al t. dei Romani, al t. delle crociate; nel t. della prima guerra mondiale; vissi a Roma sotto ’l buono Augusto Nel t. de li dèi falsi e bugiardi (Dante); con nomi di regnanti o di uomini eminenti, per indicare il periodo storico dominato dalla loro figura: al t. di Carlo Magno, di Sisto V, del Cavour, ecc.; scherz., al t. di re Pipino, al t. che Berta filava, in tempi assai lontani e in condizioni storiche o sociali assai diverse da quelle odierne (anche: non è più il t. che Berta filava, per intendere che certe usanze o mentalità sono ormai cambiate). Come locuz. agg., del t., contemporaneo a un avvenimento, appartenente alla stessa epoca: nelle fonti, nei documenti, negli autori del t.; copia del t. (copia di un quadro fatta nella medesima epoca, o pressappoco, in cui fu dipinto l’originale); tela con cornice del t., libro con legatura del t., ecc. Frequente al plur., per designare un’epoca dai limiti definiti solo vagamente, o per riferirsi, più che all’epoca in sé, alle condizioni storiche e ambientali, ai costumi, ai modi di vita: nei t. antichi; in t. remoti; t. favolosi, eroici, barbarici; i t. moderni; dai più lontani t.; negli ultimi t. della repubblica; al t. dei t., in età assai remota; fatti che si perdono nella notte dei t.; in tempi di lotte civili, di corruzione, di dissoluzione; t. torbidi, duri, difficili; che tempi erano quelli!; beati quei t.!; altri t.! (per significare che le condizioni sono molto cambiate da allora); speriamo in t. migliori; con i t. che corrono, c’è poco da stare allegri; bisogna adattarsi ai t.; essere all’altezza dei t., sapersi conformare alle esigenze di un’epoca eccezionale o a situazioni particolarmente delicate. Più espressamente (sempre al plur.), circostanza: Papa Iulio II procedé in ogni sua cosa impetuosamente; e trovò tanto e’ [= i] t. e le cose conforme a quello suo modo di procedere, che sempre sortì felice fine (Machiavelli); E me che i t. ed il desio d’onore Fan per diversa gente ir fuggitivo (Foscolo). 5. In musica: a. Indicazione agogica che prescrive un movimento più o meno rapido cui attenersi nell’esecuzione di un pezzo: t. lento, veloce, largo, ecc., in genere indicato con didascalie di preciso valore (Adagio, Andante, Presto, Allegro, Vivace, ecc.); allargare, stringere, rallentare, affrettare il t.; a tempo, o tempo I°, didascalia apposta nel punto dove il movimento deve, dopo una qualsiasi variante (accelerazione o rallentamento), riprendere il passo iniziale. b. Pezzo che fa parte di una composizione sinfonica, analogo a ciò che è l’atto nelle produzioni teatrali (il nome deriva dal fatto che ogni parte ha un tempo, cioè un andamento agogico diverso): il 1°, il 2° t. del concerto, di una suite, ecc. Nella sinfonia classica, i tempi o movimenti sono quattro, e generalmente si susseguono nella scansione: Allegro, Adagio, Minuetto (o Scherzo), Finale (o Presto); l’ordine, a volte, può essere diverso: la IX sinfonia di Beethoven, per es., ha lo Scherzo al secondo posto e l’Adagio al terzo; oppure l’ultimo è un Adagio, come nella VI sinfonia di Čajkovskij. c. Unità di durata nel sistema ritmico-metrico di un pezzo (che anche si dice unità di tempo). Esistono t. pari e t. dispari, t. forti e t. deboli: t. forte (o in battere) è quello che riceve nella misura l’accento più forte; t. debole (o in levare) quello non o poco accentato; si ha inoltre il t. mezzo forte. Per es., nella misura di 4/4 il primo tempo è forte, il secondo debole, il terzo mezzo forte, il quarto debole. d. Il termine è talora usato anche come sinon. meno com. di metro o misura o battuta (t. in 4/4, in 3/8, ecc.) o di ritmo (t. binario, ternario,quinario, ecc.). e. In alcune frasi, si fondono insieme i sign. a e d; per es.: battere il t.; a t. di valzer, di marcia, di minuetto; andare a t., seguire esattamente il movimento e il ritmo dovuti (e così, cantare, ballare a t.); al contr., non andare a t., andare fuori t., accelerando o rallentando rispetto agli altri esecutori o rispetto al movimento esatto. Per il t. rubato, v. rubato. 6. Con sign. affini a quelli musicali (o a taluno di essi), e in genere derivati per estens. da quelli: a. Nella metrica classica, misura equivalente al valore di una vocale breve: la sillaba lunga ha due tempi; t. forte e t. debole, le parti del piede corrispondenti rispettivam. all’arsi e alla tesi (in cui cioè cade o non cade l’ictus). b. Ciascuna delle parti in cui è suddivisa un’opera teatrale o una proiezione cinematografica (suddivisione che oggi ha per lo più sostituito quella tradizionale in atti): commedia in due t. e sette quadri; film in due t.; una volta, al cinema, si poteva entrare anche all’inizio del secondo tempo. c. Ciascuno dei movimenti di cui è formata un’azione complessa: passo di danza eseguito in tre t.; azione schermistica in quattro t.; il caricamento del fucile va eseguito in tre, quattro, sei t., ecc. Nella ginnastica, ciascuna delle due suddivisioni di una misura di un esercizio, ognuna, a sua volta, comprendente un t. di azione e un t. di fermata; al t.!, comando di sospendere l’esecuzione dell’esercizio per effettuare una ripetizione (con uso estens., l’espressione al t. serve spesso ad annullare un ordine, o anche una frase qualsiasi pronunciata e che s’intenda correggere, o sim.). Genericam., fare qualcosa in più tempi, a intervalli, con interruzioni. d. Nel ciclo di funzionamento di un motore termico, ciascuna delle trasformazioni che subisce il fluido motore: motore a due t., a quattro t. (v. motore2, n. 1 b). e. Nelle gare sportive di velocità, la punta massima di velocità raggiunta da un corridore: il miglior t. è stato …; o più genericam. una media alta di velocità: tenere un buon tempo. f. Nell’ippica, categoria a tempo, una delle categorie di salto nei concorsi ippici; il percorso, che comprende in genere 12 ostacoli (in caso di parità viene ripetuto, in tutto o in parte, riducendo il numero degli ostacoli), deve essere coperto a una velocità non inferiore a 350 m al minuto. g. Nell’andatura degli animali domestici, l’intervallo fra una battuta e l’altra. 7. ant. Stagione, spec. nell’espressione primo t., o nuovo t., la primavera (cfr. il fr. printemps); In guisa di pastor ch’al nuovo tempo Faccia zampogne a risonar le valli (L. Alamanni). 8. Per estens., l’insieme delle condizioni fisiche atmosferiche (cioè quello che più propriam. dovrebbe chiamarsi stato meteorologico, e che viene anche detto stato del tempo o tempo meteorologico), caratterizzato dalle condizioni meteorologiche (temperatura, stato del cielo, umidità, pressione atmosferica, vento, ecc.): t. locale o t. in grande, a seconda che le condizioni stesse siano relative a una regione piuttosto ristretta o abbraccino invece una superficie piuttosto vasta, per es. tutto un continente; previsioni del t., previsioni sulle condizioni meteorologiche relative a una zona più o meno ampia e a un limitato numero di ore o di giorni. Nell’uso corrente: t. sereno, variabile,nuvoloso, piovoso; è bel t., brutto t., t. pessimo (come predicato: è bel t., fa bel t., ecc.); t. orribile,infernale; un t. da lupi, da cani, molto brutto; un t. primaverile, un t. meraviglioso (con riguardo a singole condizioni meteorologiche: t. umido; t. chiaro, scuro, grigio, nero; t. pesante; t. freddo,rigido, ecc.); com’è il t. oggi?; il t. regge, si mantiene, resiste o cambia, si guasta, migliora, si è rimesso, tende al bello; esce sempre senza soprabito, con qualunque t.; domattina, t. permettendo,andremo in barca, se il tempo lo permetterà, se farà bel tempo. Frasi speciali: sentire il t., avvertire in base a dolori, a uno stato insolito di irritabilità o ad altri disturbi, il peggioramento imminente del tempo; la nebbia lascia il t. che trova, in quanto normalmente non porta modificazioni notevoli alle condizioni atmosferiche generali (fig., lascia il t. che trova, di azione o intervento che non produce alcun effetto); parlare del t., conversare di cose indifferenti, di un argomento neutro (soprattutto in caso di imbarazzo, o di noia); fare la pioggia e il bel t., fare il bello e il brutto (o il buono e il cattivo) t., di persona che ha, in un ambiente determinato, autorità piena e indiscussa. 9. Locuzioni avv. e agg.: a. A tempo, lo stesso che in tempo, nelle espressioni essere a t., fare a t., per indicare che c’è ancora possibilità, che non è tardi per fare qualche cosa: di cotesto saremo a t. a discorrere quando sarà venuta l’usanza che non si muoia (Leopardi); al momento opportuno o, con sign. più partic., ogni tanto, di quando in quando (che anche si dice di tempo in tempo): Ordinò general ministra e duce Che permutasse a tempo li ben vani Di gente in gente e d’uno in altro sangue (Dante); per un periodo di tempo determinato: condannato a t. (non a vita); il Dittatore era fatto a t., e non in perpetuo (Machiavelli); salario a t., con retribuzione a giornata, a settimana, a quindicina (in contrapp. al salario a cottimo). Per il valore della locuz. a tempo in musica, v. sopra, al n. 5 e. b. Al t. stesso, contemporaneamente, insieme: è al t. stesso giusto e sbagliato; può essere al t. stesso utile e dilettevole. c. A un t., contemporaneamente, insieme, nello stesso momento (anche col sign. della locuz. prec.): fra le acute Voci di dame cicalanti a un t. (Parini); si sentiva a un t. triste e felice. d. Per tempo, presto, sollecitamente, di buon’ora: alzarsi, mettersi in cammino per t.; dovevi pensarci per t., ora è troppo tardi; E s’io non fossi sì per t. morto, … Dato t’avrei a l’opera conforto (Dante); perché non venne Ella più tardi, over io più per tempo?(Petrarca). Si usa anche il superl. per tempissimo, in quanto per tempo è sentito come una locuz. avv.: Pietro una mattina per tempissimo levatosi con lei insieme montò a cavallo(Boccaccio); domattina devo alzarmi per tempissimo. e. Nel linguaggio comm. e burocr., a far tempo da, a partire da, cominciando da: per un periodo di tre mesi, a far t. dal 1° gennaio. 10.Con iniziale maiuscola, il Tempo, personificazione del tempo, rappresentato di solito come un vecchio dalla lunga barba bianca. ◆ Dim. tempétto, tempino, rari e per lo più in usi scherz. o iron.; spreg., non com., tempùccio; molto frequente il pegg. tempàccio (riferiti tutti prevalentemente alle condizioni atmosferiche). 

Allerdings ist eine der häufigsten und im Steigen begriffenen Missbrauchsformen das sogenannte „Skimming“. Dabei wird an manipulierten Geldausgabeautomaten der Magnetstreifen der Karte kopiert und der PIN-Code ausgespäht. Mit den gestohlenen Daten werden außerhalb Europas Bargeldbezüge getätigt.

Die wichtigsten Fragen und Antworten rund um GeoControl.

Fußnoten und Rechtliche Informationen:

1) CashBack ist ein Service der Bank Austria (bis voraussichtlich 31.12.2021), das völlig automatisch funktioniert
2) Die Höhe des Limits für eCommerce Zahlungen im Internet hängt vom POS-Limit ab, Das Standard-Wochenlimit beträgt 1.100 Euro.  Im Internetbanking können Sie dieses Limit selbstständig auf 3.300 Euro erhöhen.
3) Die Verfügbarkeit ist von der Kreditkarte abhängig.

Quelle: meine heutige Bank austria Unicredit – die mit denn irren Protzbauten nicht nur in Mailand – Log in_Textbeschickung

?? gfoidma dees? gfoidma dees? _gfoidma dees? _gfoidma dees?

erzählt das all den Herzwert, der in meinem Stammbaum, meiner Familie, über deren Bande Geld läuft, wahr, treu und echt? Ist das, in andeen worten, mir willkommen da gut? Für mich und für uns alle anderen auch, die wir dieser Arbeitsgemeinschaft, unter dieser Denkfühlleitung unsere Gedeihensgesten und die herzlichen Dankes, wie genommen und gegeben sich gehört? SPANNEND!

Ich gehe in die Modalität: hinfühlen, nachsinnen, überdenken.. was halte ich von alledem?

und: weil Ich halt so bin: möchte ich meine hier für mich auch wirkenden Mitmenschen in so einem Kauderwelsch arbeitend wissen? Macht DIE das glücklich??

nuuuun….. ….. …. 14 per grazia do, od. 14 Metatron

WIR BRAUCHEN ANDERE DENKER.. überall und greundlegend, und gediegen menschlich, was sich hier in bestem klaren deutschen Wortgebaren, dessen Länderweitergeben von den in den Banken Arbeitenden zu beWERKstelligen ja freundlich ist, und uns freut, miteinander Umgang zu haben so auch.

 

Kommentar hinterlassen